Il caso dell’euro al G20. Lagarde: siamo in zona pericolo

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Lagarde si mantiene prudente, preoccupata di difendere le possibilità  della Grecia e dei Paesi dell’Eurozona, di superare la crisi. «Dall’area euro sono giunte buone notizie che non sono state riconosciute dai mercati» ma per realizzare il piano di interventi complessivo, quello del 21 luglio, «ci vuole tempo: non siamo più al periodo di Napoleone dove c’è un leader che schiocca le dita e si esegue. Siamo una democrazia». E comunque «non si tratta solo di economia, non è solo finanza ma è anche destino politico collettivo fra Paesi che hanno speso secoli combattendo fra loro e che hanno deciso di stare insieme» osserva. Ma è sulla riunione del G20 finanziario, che si è svolta ieri in serata a Washington (nel primo mattino di oggi in Italia) e alla quale l’Europa ha presentato una posizione comune, che sono indirizzati gli sguardi di tutti, investitori, regolatori, banche centrali e governi. E dalla quale potrebbe uscire un documento, una presa di posizione, sull’euro. Già , perché non v’è dubbio che al centro del dibattito vi sia la situazione dell’Europa, come l’Italia, finita sotto la mira della speculazione, per l’alto livello del debito e la debolezza della finanza pubblica. E che l’obiettivo della riunione, in vista del G20 dei Capi di Stato e di governo del 2-3 novembre a Cannes, sia il superamento delle difficoltà  dei venti Paesi più ricchi del pianeta a individuare percorsi comuni e una soluzione concordata che possa dare ai mercati la sferzata necessaria per ridurre le tensioni.

Ieri i capi di governo di 6 Paesi del G20, Gran Bretagna e Canada, (che militano anche nel gruppo più ristretto del G7) in testa, si sono tirati fuori dal gruppo inviando una lettera al presidente di turno, il francese Nicolas Sarkozy. «Occorre un’azione decisa a sostegno della crescita, della fiducia e della credibilità », hanno affermato il britannico David Cameron, l’australiana Julia Gillard, il canadese Stephen Harper, l’indonesiano Susilo Yudhokono, il sud coreano Lee Myung-Bak e il messicano Felipe Calderon. «I governi dell’area euro e le istituzioni devono agire per risolvere la crisi della moneta unica e tutte le economie europee devono affrontare il buco del debito e prevenire il contagio», hanno aggiunto mentre il segretario di Stato al Tesoro Usa, Tim Geithner ha ribadito che l’Eurozona «deve guardare a tutte le opzioni per assicurare la stabilità  di lungo termine della seconda valuta al mondo». E l’impegno a lavorare tutti per l’obiettivo di una crescita «forte, sostenibile e bilanciata» è stato rilanciato dai Brics (Brasile, Russia, India, Cina, Sudafrica) cioè le economie emergenti dove i ritmi di sviluppo sono rimasti sostenuti anche se in rallentamento. I ministri dell’Economia e delle Finanze dei cinque Brics hanno anche assicurato il loro sostegno ad un’azione a favore dell’Europa, ma solo nell’ambito dell’operato dell’Fmi e del G20, non direttamente. Tanto che alla domanda pratica se fossero disposti anche a comprare i titoli di Stato dei Paesi europei più deboli, hanno preferito, tutti, non rispondere.


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