I fischi dei costruttori Matteoli: non ci sono soldi

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ROMA — Apre un cantiere, se ne ultima un altro. Mentre il governo procede sulle consultazioni per il decreto sviluppo — con qualche incidente, come la contestazione, ieri, dei costruttori al ministro Matteoli — pone l’ultima pietra della manovra: Silvio Berlusconi ha firmato il decreto del presidente del Consiglio sui tagli ai ministeri previsti a Ferragosto. La riduzione della spesa ammonta a 7 miliardi nel 2012, 6 miliardi nel 2013 e 5 miliardi dal 2014. Ora i dicasteri interessati dovranno definire il proprio budget entro i limiti fissati.

Guardando avanti, il governo punta a varare subito le nuove misure di rilancio dell’economia. Si cercherà , ha sintetizzato il ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi, di «fluidificare» quanto più possibile l’esecuzione delle opere infrastrutturali, affiancando misure per la semplificazione. Alla base del provvedimento c’è il cosidetto «Tremonti-Infrastrutture», e già  circolano le prime bozze di lavoro: si prevedono sgravi sull’Irap e l’Ires alle imprese nella fase di costruzione e gestione delle opere strategiche realizzate in project financing; alle stesse potrebbe andare un quarto del gettito aggiuntivo dell’Iva sulle operazioni e i servizi connessi all’infrastruttura. C’è inoltre l’ipotesi di vendere sul mercato immobili pubblici e privatizzare le società  che gestiscono servizi pubblici a livello locale.

Di questo hanno parlato nella riunione in via XX Settembre con imprenditori e banche, il ministro Giulio Tremonti, gli altri ministeri economici e il sottosegretario Gianni Letta, per la prima volta al tavolo, oltre al vicedirettore di Bankitalia Ignazio Visco. Un incontro definito dal Tesoro «molto positivo», ma non devono essere di questo avviso Confindustria, Abi, Rete Imprese e cooperative che si sono viste nel pomeriggio per mettere a punto il «Manifesto delle imprese», preannunciato dalla leader degli industriali Emma Marcegaglia. Il mondo imprenditoriale resta «freddo» sulle misure e risponderà  con un manifesto in cinque punti: riforma fiscale, infrastrutture, privatizzazioni, liberalizzazioni, pensioni. L’unica rassicurazione avuta ieri mattina, sarebbe la garanzia di maggiore collegialità . E si coinvolgeranno anche Regioni ed enti locali, ha poi riferito il ministro della Infrastrutture Altero Matteoli. L’occasione è stata l’assemblea annuale dell’Ance, l’associazione dei costruttori, durante la quale Matteoli ha raccolto la collera degli imprenditori edili. Alcuni hanno fischiato, molti si sono alzati per uscire.

Avviene raramente che i contestatori portino giacca e cravatta. Una protesta amara per il governo, perché partita da una platea notoriamente vicina al centrodestra, anche se il sindaco di Roma, Gianni Alemanno, minimizza: «Erano in cinque. La maggioranza ha ascoltato con rispetto». Secondo i costruttori gli interventi in politica economica hanno acuito la crisi, ci sono poi i ritardi nei pagamenti e la prospettiva che nel decreto sviluppo al vaglio del governo ci siano solo facilitazioni per le grandi opere, ma niente per interventi diffusi. È questo che non va giù. Il «tempo è scaduto» e il decreto per lo sviluppo che il governo ha allo studio è «l’ultimo elemento di credibilità  che diamo» all’esecutivo, ha detto il presidente dell’Ance Paolo Buzzetti, avvertendo: «L’assunto di sviluppo a costo zero o è una chimera o è una presa in giro!». Gli imprenditori si sarebbero aspettati aperture, invece il titolare delle Infrastrutture ha letto un elenco di misure adottate nell’ultimo biennio. Ed è su questo che la platea si è agitata: un dissenso premeditato, che da tempo si manifestava anche nelle assemblee a livello locale. Matteoli si è interrotto, poi ha lasciato il discorso scritto e ha detto: «Il provvedimento che stiamo scrivendo non prevede soldi. Non ce ne sono, il finanziamento avviene attraverso la defiscalizzazione». Per poi concludere: «Le risorse sono indirette ma sono sempre risorse».


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