I falchi della Bce «La Grecia può fallire»

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BRUXELLES — Prima, era quasi una bestemmia. Ma ora la parola «default», insolvenza, fallimento, bancarotta per 353 miliardi di euro, è diventata un’ipotesi concreta per la Grecia. Concreta, e indicata o «non esclusa» dalle fonti più autorevoli: dalla Banca centrale europea – che ieri l’ha formulata per la prima volta – al Fondo monetario internazionale, ad alcuni governanti europei. Ci sono, è vero, anche leader importanti come la tedesca Angela Merkel, che la bocciano: «Per me non è un’opzione, potrebbe innescare un effetto domino impossibile da controllare». Ma altri, a cominciare dallo stesso ministro delle finanze tedesco Wolfgang Schauble, avvertono a muso duro la Grecia che dovrà  mantenere i suoi impegni, se vorrà  nuovi aiuti, e sembrano dare per scontato l’esito della bancarotta. Risultato finale: confusione nell’Eurozona e tensione che sempre più stringe da presso i palazzi governativi di Atene, dove si chiacchiera ormai di «default controllato» o si preparano nuovi scioperi contro le misure di austerità . E dove l’agenzia di rating Moody’s «colpisce» ancora, declassando 8 importanti banche nazionali.

Fra tanti, il segnale più esplicito di tutti è senza dubbio quello partito dalla Bce. Cioè dal presidente della Banca centrale olandese e membro del Consiglio direttivo della Bce, Klaus Knot: «Il default della Grecia – ha detto – è uno degli scenari. Sono stato a lungo sicuro del fatto che non fosse necessario, ma le novità  che arrivano da Atene non sono incoraggianti. Tutti gli sforzi sono volti a prevenirlo, ma adesso sono meno convinto di poter escludere un default rispetto a due mesi fa».

Se si considera che, appunto da mesi, la Bce evita accuratamente anche di nominare il «default» greco per i suoi potenziali effetti destabilizzanti sul pianeta dell’euro, si capisce bene tutta la serietà  dell’allarme adombrato da Knot. Anche perché dietro la parola «default», nel caso greco, si nasconderebbe un’insolvenza 5 volte più grande di quella che travolse l’Argentina 10 anni fa. Una valanga con scosse remote, fin nelle casse di molte banche europee. Di tutto questo è ben consapevole anche l’Fmi, preoccupato quanto la Bce: «Se la Grecia farà  quello che deve fare potrà  contare sull’aiuto incondizionato dei Paesi europei e non farà  default – ha detto ieri Antonio Borges, responsabile del dipartimento europeo del Fondo -. Se invece esitasse e rinviasse le decisioni, non vedo come un default potrebbe essere evitato perché gli europei si stancherebbero di concedere soldi a qualcuno senza speranza». O con la speranza di ricevere in rimborso appena il 50% delle somme investite: è infatti questa una delle ipotesi (ufficialmente smentita) sui cui si lavora da giorni ad Atene nella cornice di un possibile default controllato, in cui il Fondo salva-Stati Ue consentirebbe alla Grecia di rastrellare o «ricomprare» tutto il suo debito. Ma il tempo non è illimitato: l’andamento di prezzi e richieste dei Cds, «credit default swap», i titoli derivati che assicurano contro il rischio di fallimento, sembra indicare che le possibilità  di una bancarotta greca sono oggi superiori al 90%.


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È cambiato il ruolo della Bce

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Qual è il ruolo della Banca centrale europea? Non stiamo parlando del ruolo «istituzionale» – controllo dell’inflazione – ma di quello concreto. Che potrebbe alla lunga cambiarne la natura. Come del resto chiedono in molti, a partire dalla Francia, puntando a farla diventare il «prestatore di ultima istanza», al pari di Federal reserve, Boe, Boj, ecc.

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