I cattolici di base non ci stanno: «No al testamento biologico»
Oltre alla denuncia della «questione morale» e dei «comportamenti licenziosi» che «ammorbano l’aria» da parte del premier evocato ma mai nominato, nell’intervento di apertura del card. Bagnasco al Consiglio permanente della Conferenza episcopale italiana una richiesta era chiara ed esplicita: la rapida approvazione anche al Senato della legge sul cosiddetto testamento biologico, «un provvedimento – ha detto il presidente dei vescovi – necessario per salvaguardare il diritto di tutti alla vita».
Immediata è arrivata l’esultanza di Scienza & Vita, l’associazione nata per input della Cei, allora guidata da Ruini, ai tempi del referendum per l’abrogazione della legge sulla fecondazione assistita, quando l’astensionismo, grazie soprattutto alla mobilitazione delle associazioni ecclesiali, raggiunse il 74% e fece fallire la consultazione popolare. Ma nel mondo cattolico, nonostante la compattezza millantata dalle gerarchie ecclesiastiche, il tema è controverso e le opinioni differenti. Già due anni fa, all’avvio del dibattito, 41 preti firmarono un appello «per la libertà sul fine vita» promosso dalla rivista Micromega, buscandosi poi i richiami del Vaticano. In Germania invece è la stessa Chiesa cattolica, insieme a quelle evangeliche, a raccogliere le indicazioni dei fedeli per il fine-vita.
In queste settimane, alla vigilia del ripresa del dibattito parlamentare al Senato, emergono dei dissensi, alcuni molto significativi, come quello di Pax Christi, movimento per la pace presieduto da un vescovo nominato dalla Cei. Bisogna assolutamente evitare «tesi dichiaratamente favorevoli all’eutanasia», ma la bocciatura della legge già approvata alla Camera è senza appello: la vita «può essere gravemente offesa anche nella situazione opposta dell’accanimento terapeutico, in cui essa viene vanamente protratta attraverso, come è scritto anche nel Catechismo della Chiesa cattolica, procedure mediche onerose, pericolose, straordinarie o sproporzionate». Soprattutto, aggiunge Pax Christi che in questo modo si inserisce nell’attualità politica, la vita è «minacciata nelle ancora più frequenti ipotesi di abbandono terapeutico in cui, per ragioni ultimamente economiche, al paziente non vengono offerte la cura e l’assistenza richieste». I difensori della vita devono farlo sempre: in politica estera, «dove l’intervento militare si arroga il diritto di scegliere quali vite difendere a scapito di altre», e in politica interna, «dove la manovra finanziaria colpisce pesantemente la vita di moltissime famiglie anche nell’ambito della sanità ».
Obiezioni anche dal movimento Noi siamo Chiesa, per cui l’approvazione di una legge voluta «per ordine delle autorità ecclesiastiche» – che infatti il movimento ribattezza «legge Bagnasco-Calabrò – potrà essere per la Chiesa italiana «una vittoria», ma anche «un peccato di cui dovrà pentirsi in futuro». Il testo già licenziato dalla Camera (su cui Noi siamo Chiesa ha prodotto un lungo e dettagliato documento di analisi critica) «crea le condizioni perché il fine-vita non sia “naturale” (aggettivo usato dai vescovi) ma innaturale, prigioniero di interventi medici come l’idratazione e l’alimentazione in casi di mancanza permanente di coscienza permanente» che si configurano come «vero e proprio accanimento terapeutico».
Il disegno di legge è «incostituzionale», tagliano corto le Comunità cristiane di base. «Nega del tutto la sovranità della persona sulla propria vita nella fase del morire, burocratizza e, in questo senso, banalizza le direttive anticipate e ci fa fare un passo indietro di mezzo secolo rispetto a quella che era stata la conquista progressiva, da parte della civiltà giuridica, del diritto della persona di decidere sulla propria vita». Con questo provvedimento «siamo di fronte al tentativo di instaurare un regime autoritario e repressivo», perché si mina «il principio supremo di laicità , baluardo della libertà individuale e della libertà di coscienza di ciascuno». Ma si tratta anche, aggiungono le Comunità di base, «di difendere la credibilità dell’annuncio evangelico di liberazione che le gerarchie ecclesiastiche cattoliche tradiscono a scopi di potere».
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