Grazie a Obama strada in salita per Abu Mazen

by Sergio Segio | 23 Settembre 2011 6:54

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Il suo discorso, di taglio elettorale, ha confermato la ferrea alleanza con Israele, tanto che a tratti pareva essere stato scritto da Netanyahu. Quest’ultimo, pienamente soddisfatto delle ripetute assicurazioni che il legame tra Usa e Israele è indistruttibile e che altrettanto è l’impegno americano per la sicurezza dello Stato di Israele, ha lasciato la conferenza stampa congiunta con Obama con un sorriso sardonico.
Gli Stati Uniti stanno esercitando tutto il loro potere diplomatico, soprattutto sui membri non permanenti del Consiglio di Sicurezza, per evitare che nove Stati su quindici votino a favore della richiesta di ammissione palestinese. Infatti, nel caso in cui la richiesta non venisse appoggiata da almeno nove Stati membri del Consiglio di Sicurezza gli americani sarebbero sollevati dalla necessità  di dover ricorrere al veto per stroncare, come promesso, l’iniziativa del presidente Abbas. Negli ultimi giorni la pressione sulla Bosnia-Erzegovina, sulla Nigeria, sul Gabon e sul Portogallo si è fatta serrata. La diplomazia turca cerca di evitare che la Bosnia-Erzegovina si schieri con gli oppositori all’ammissione palestinese. Come ribadito nel discorso del presidente Komsic, l’ingresso in Europa è uno degli obiettivi fondamentali della Bosnia-Erzegovina, di conseguenza è prevedibile che questo influenzerà  la propria posizione sulla Palestina. Anche il Portogallo è profondamente diviso da una parte dalla necessità  di mantenere la sua tradizionale posizione pro-palestinese e dall’altra da quella di allinearsi alla posizione dell’Unione Europea e degli Stati Uniti affinché il neo-insediato governo possa ottenere maggiore supporto internazionale.
Intanto l’Olp, con l’appoggio di Lega Araba e Conferenza islamica, ridefinisce la sua strategia. Dalle ultime indiscrezioni pare che il presidente Abbas abbia abbandonato l’idea di sottoporre contemporaneamente una richiesta di riconoscimento dello Stato palestinese all’Assemblea Generale per una risoluzione dal valore simbolico da adottare a maggioranza assoluta. Questo perché la diplomazia europea, come confermato dal discorso del presidente francese Sarkozy, ha adottato una strategia alternativa a quella Usa proponendo il conferimento alla Palestina dello status di Stato osservatore, ma non l’ammissione come membro dell’Onu, a condizione che si torni subito al negoziato diretto senza condizioni. Sarkozy ha poi indicato i tempi delle trattative tra israeliani e palestinesi: riapertura del negoziato diretto entro un mese, sei mesi per raggiungere un accordo sui confini ed entro un anno la firma di un accordo generale. Ribadendo che durante i negoziati i palestinesi dovranno astenersi da comportamenti incompatibili con le trattative. Formulazione vaga dell’esplicita e pressante richiesta che in incontri bilaterali i diplomatici europei hanno fatto ai palestinesi di rinunciare all’ammissione al Trattato della Corte Penale Internazionale. La proposta francese sembra piacere al Quartetto.
In queste ore al Palazzo di Vetro le riunioni e i negoziati sono incessanti. La delegazione palestinese è conscia di poter contare sicuramente su almeno sei membri del Consiglio di Sicurezza, mentre per altri tre Stati non è ancora chiaro quale linea adotteranno. In ogni caso, dalla presentazione della domanda di ammissione, che il Presidente Abbas ha confermato verrà  presentata dopo il suo discorso del 23 settembre, ci vorranno almeno due settimane affinché il Consiglio di Sicurezza la prenda in considerazione per il voto.
* esperta di diritto internazionale presso l’Ong Al-Haq di Ramallah

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