Gli operai Marcegaglia salgono su una torre: «Emma non chiudere»

by Sergio Segio | 15 Settembre 2011 7:11

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All’origine del conflitto c’è l’incertezza sul futuro della fabbrica, che a maggio doveva essere sottoposta a lavori di adeguamento tecnico. Che però non hanno mai avuto inizio. Da allora i 44 operai sono in cassa e temono tremendamente per il loro avvenire. Anche perché lamentano «nessuna spiegazione è mai giunta da Marcegaglia e ogni tentativo di mettersi in contatto con i dirigenti finora è fallito». Per cui hanno deciso di alzare il livello dello scontro e sono saliti sulla sommità  della ciminiera. Per richiamare l’attenzione, anche a rischio della vita. Due di loro hanno avuto bisogno del medico, uno per un colpo alla mano, l’altro per il caldo soffocante.
Lunedì sera si è riunito d’urgenza il consiglio comunale di Cutro che all’unanimità  ha approvato una mozione in cui si esprime solidarietà  ai lavoratori e si chiede all’azienda un incontro a breve per indurre i lavoratori a scendere e la proprietà  a proseguire nella produzione di energia elettrica. Ma sembrano più parole di circostanza che altro. Perché Marcegaglia fa sul serio e come tanti altri padroni del nord ha capito l’antifona. Dopo aver intascato il finanziamento della legge 488 e messo su l’impianto ora punta a fuggire, «incurante che qui la gente è ridotta alla fame – sbotta Ubaldo Schifino, capogruppo Pd alla provincia di Crotone – e che la disoccupazione in Calabria è il brodo di coltura della ‘ndrangheta. Pensavamo, a torto, che almeno la presidente di Confindustria avesse ben chiaro tutto questo. Invece dopo aver razzolato i fondi pubblici scappa senza nemmeno la dignità  di confrontarsi con le maestranze».
In effetti, la «latitanza» del Gruppo Marcegaglia va avanti da qualche mese e fa balenare più di un sospetto sulle reali intenzioni della proprietà . Dopo un primo incontro a luglio, definito interlocutorio, con l’ad di Eta, Roberto Garavaglia, il Prefetto di Crotone, Vincenzo Panico, aveva in programma un summit con la dirigenza della società  mantovana fissato per il 10 agosto, poi fatto slittare alla fine del mese. Ma, evidentemente, la presidente di Confindustria era troppo intenta a dettare la linea di politica economica al governo (e all’opposizione) per trovare un ritaglio di tempo da dedicare ai propri lavoratori. E così nessun incontro si è mai svolto.
La cig, iniziata a maggio scorso, era stata concordata per consentire all’Eta la ristrutturazione dell’impianto di filtrazione, un lavoro di revamping (fermo impianto per valorizzazione tecnologica) necessario per accedere al nuovo sistema incentivante dei Certificati Verdi. Ma quando tutto sembrava in linea con gli accordi presi e l’attività  produttiva sembrava dovesse proseguire, la proprietà  all’inizio di settembre ha bloccato tutto.
È come il gioco delle tre carte, una melina preparata ad arte per spremere un territorio e umiliare i lavoratori. Con un enorme costo per l’erario. Come detto, l’Eta Marcegaglia è stata realizzata in gran parte con fondi pubblici retaggio del vecchio Contratto d’Area di Crotone: su 77 miliardi delle vecchie lire, quasi 60 sono stati finanziati con fondi Cipe. Per inciso, la centrale vanta alti livelli di produttività  con oltre 100 milioni di kilowattora prodotti in un anno e gli operai hanno più volte ricevuto attestati di stima per i record di produzione raggiunti. E con quale faccia allora, la presidente di Confindustria ripete come un disco rotto, un giorno sì e l’altro pure, che l’Italia ha bisogno di crescita e produttività .

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