Francoforte teme l’uso politico dei consigli

by Sergio Segio | 30 Settembre 2011 6:25

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In via ufficiale, la Bce oppone un «no comment» alla pubblicazione sul Corriere di ieri. Nella sostanza tuttavia lo stesso Trichet, che ha mandato la lettera a Roma il 5 agosto scorso sia in italiano che in inglese, era convinto che quel documento appartenesse al governo e che sarebbe toccato dunque a quest’ultimo decidere se renderlo noto o meno. Le divisioni fra le amministrazioni a Roma e il caos nel processo decisionale, visti dall’Eurotower, in fondo rendevano solo più probabile una fuga di notizie. Non che sia sempre andata così, negli altri casi in cui l’Eurotower è intervenuta con la stessa forza. La lettera a Roma non è un caso isolato: ne esistono almeno altre quattro composte con lo stesso stile infarcito di «need» e di «should», i verbi preferiti di Francoforte per spiegare ai governi ciò che «devono» fare. Le prime tre furono mandate l’anno scorso a firma Trichet verso Atene, Dublino e Lisbona. Grecia, Irlanda e Portogallo sono state le prime a affondare nella sfiducia dei mercati e le prime a beneficiare degli interventi della Banca centrale. Per loro, come poi per l’Italia, la campagna di acquisti dei bond fu preceduta da precise richieste di misure per l’economia, controfirmate dai governatori nazionali.

Quelle lettere non sono mai uscite, come non è mai stata resa nota quella che Trichet ha mandato alla Spagna in agosto scorso, secondo le stesse modalità . Solo quella italiana ora è di dominio pubblico. E neanche l’indicazione più forte contenuta là  dentro — ridurre gli stipendi degli statali «se necessario» — mette in imbarazzo la Bce. Non lo fa perché sono senz’altro alla portata dell’Italia un risanamento e un recupero di competitività  che salvino i livelli degli stipendi. Intanto però gli altri quattro Paesi sui quali la Bce è intervenuta hanno già  varato tagli dei compensi al pubblico impiego. Molto duri quelli in Irlanda (14% medio), Portogallo (10%) e Grecia (dove continuano), anche perché lì sono in corso veri e propri piani di salvataggio. Ma nella stessa Spagna la pressione europea ha portato mesi fa a riduzioni medie degli stipendi pubblici del 5%.

Se dunque la Bce non cerca più di nascondere le sue posizioni dietro la pretesa del segreto, è probabile che altre considerazioni attraversino l’Eurotower in queste ore. La rivelazione della lettera è infatti arrivata quasi due mesi dopo, a manovra approvata, nel pieno dello scontro di potere sulla successione in Banca d’Italia. La coincidenza non è sfuggita alla Bce, anche se su questo punto negli ambienti di Francoforte si sentono formulare molte più domande che risposte. Del resto il timore della Banca centrale è oggi lo stesso che traspariva fra le righe della lettera di due mesi fa: che l’Italia incassi gli interventi sui suoi titoli di Stato, ma poi non faccia abbastanza per meritarsi l’aiuto. Da quando quella missiva è partita la Bce deve aver comprato almeno 50 miliardi di euro in Btp e il premio di rischio su Roma non è neanche sceso di molto. Le misure per la crescita per ora mancano all’appello e con un debito da 1.910 miliardi di euro, un quarto quello di tutta l’area euro, l’Italia resta troppo grande: troppo grande, soprattutto, per affondare senza distruggere l’intero sistema. La Bce teme di finire ostaggio di un Paese che potrebbe non fare la sua parte, pensando che comunque l’Eurotower dovrà  tenerlo a galla. Ma se il governo diluisse l’austerità , o non agisse per la crescita, quei 50 miliardi già  spesi diverrebbero la fattura di un fallimento di Trichet. Questi timori, più che la scelta di questo o quel nome per Via Nazionale, decideranno se la Bce resterà  â€” e per quanto — a fianco dell’Italia.

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