Formiche e cicale, il fisco le divide

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Ma le raccomandazioni di Geithner – sormontare le «divisioni» europee, per evitare «un rischio catastrofico» – sono state male accolte, soprattutto dai paesi «virtuosi». Germania, Austria, Olanda, Finlandia non vogliono sentirsi dire che devono pagare per i Pigs, per il Club Med, cioè per tutte le cicale d’Europa. La Germania ha già  fatto sapere che è rimandata al 2012 la discussione sul Meccanismo europeo di stabilità , che dovrebbe sostituire il Fondo europeo di stabilità  finanziaria nel 2013 e istituzionalizzare il mutuo soccorso. Nella coalizione al comando a Berlino, i liberali non ne vogliono sentir parlare e anche la corte di Karlsruhe avrebbe qualcosa da obiettare.
Mentre nei paesi sottoposti a una cura di austerità  per risanare i conti le popolazioni si ribellano e protestano, nei paesi virtuosi i cittadini sono sempre più perplessi. Persino in Francia, paese in bilico (indebitato, ma messo meno peggio dei Pigs), un sondaggio rivela che il 68% della popolazione si oppone alla garanzia di 15 miliardi di euro, che il governo di Parigi ha dato per il secondo piano di aiuti alla Grecia, cifra che, anche se non sarà  sborsata in moneta sonante, dovrà  essere inscritta nel passivo di bilancio e andrà  ad oberare ancora il deficit. Per l’87% dei francesi sono soldi persi, perché la Grecia non rimborserà  mai. Solo nel maggio 2010, all’epoca del primo piano di aiuti alla Grecia, i due terzi dei francesi erano favorevoli.
La Grecia pesa per il 3% del pil europeo. L’Italia, il grande paese a rischio, è la terza economia della zona euro, il suo debito è il doppio di quello di tutti gli altri paesi periferici oggi nell’occhio del ciclone. La Germania, motore della zona euro, non potrà  salvare Roma da un eventuale default. Se i paesi più indebitati – Grecia, Spagna, Portogallo, Irlanda, Belgio e Italia – volessero solo riportare il debito al 75% del pil (cioè molto al di sopra del parametro del 60% stabilito da Maastricht e che tutti si erano impegnati a rispettare), avrebbero bisogno di 1.322 miliardi, che sono pari al 53% del pil tedesco del 2010. Il ministro delle finanze tedesco, Wolfgang Schaà¼ble ha risposto a Geithner, che invitava a fare ulteriori sforzi per evitare un rischio sistemico, che questo non poteva essere fatto «con dei soldi pubblici». Gli europei, obtorto collo, sarebbero ora disposti ad andare a cercare dei soldi con la Tobin Tax, ma gli Usa restano decisamente contrari. Nei paesi virtuosi i governi temono le derive populiste. Si è visto in Finlandia con il successo alle ultime elezioni del partito dei Veri finlandesi, che ora fa pressione sul governo che chiede «garanzie» alla Grecia per accettare il secondo piano di aiuti. Una profonda spaccatura divide l’Europa: al centro c’è la questione fiscale. Pagare le tasse è la prova che i cittadini vogliono vivere assieme. Per farsi aiutare, i paesi cicala dovrebbero cominciare con la riforma del proprio sistema fiscale, renderlo equo e trasparente almeno a livello degli standard dell’Europa del nord (dove l’evasione esiste, come ha dimostrato il recente accordo della Germania con le banche svizzere, ma è limitata). E’ l’unica mossa, preventiva, per sperare che le formiche accettino di vivere assieme alle cicale (che hanno la loro utilità , visto che importano, il 60% delle esportazioni tedesche lo sono verso l’Europa).


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