by Sergio Segio | 29 Settembre 2011 14:39
MILANO – “Dobbiamo dimostrare di saper fare le nozze con i fichi secchi”. Così Emanuele Ranci Ortigosa ha presentato la proposta dell’Irs e della rivista Prospettive sociali e sanitarie, nel corso di un convegno milanese con cui si celebrano anche i 40 anni della rivista. Una seria riforma del welfare in Italia, per recuperare risorse senza danneggiare le fasce disagiate e, dunque, direttamente interessate a mantenere un adeguato livello di assistenza e interventi fiscali. La proposta è il risultato del lavoro di un gruppo coordinato proprio da Emanuele Ranci Ortigosa (Pss, Irs) e composto da Paolo Bosi e Maria Cecilia Guerra (Capp, Università di Modena e Reggio Emilia), Francesco Longo (Cergas, Università Bocconi), Valerio Onida (presidente emerito della Corte Costituzionale), Manuela Samek Lodovici (Irs), Alberto Zanardi (Università di Bologna). Il documento, tenendo conto della complessità sociale, della crisi economica e dei criteri dettati dal federalismo, punta a una riforma attuale (nelle problematiche da affrontare) e fattibile.
In generale, come sottolineato da Ranci Ortigosa, non si chiede di aumentare le risorse, ma di ridefinire la loro distribuzione, di individuare le azioni che devono rientrare nel campo del sociale e le voci di spesa. “Per ora, invece – si evidenzia – regioni, enti locali, parti sociali si sono adattate a trattative annuali estenuanti attorno a poco più del 10% della spesa sociale. E il risultato è che hanno perso anche quel 10%”. Il documento, comunque, si concentra sulle politiche socio-assistenziali. E’ questo il terreno di analisi e da qui vengono formulate proposte specifiche, affiancando alle politiche familiari anche quelle complementari “della formazione e occupazione di adolescenti e giovani”, e il campo del socio-sanitario, “per trattare nel suo insieme la politica per la non autosufficienza”.
L’area così delimitata dal documento vale oltre 60 miliardi di euro, 4 punti di Pil. “Una cifra rilevante che richiede di essere meglio gestita, a iniziare dall’esigenza del decentramento dell’insieme delle attribuzioni istituzionali in campo sociale”. Le principali aree di bisogno individuate sono: le politiche per le famiglie con figli, di attivazione per i giovani, per il contrasto alla povertà e all’esclusione, per i non autosufficienti e i disabili, politiche di inserimento sociale e lavorativo, e quindi coesione sociale. La proposta parte ovviamente dai principali limiti riscontrati nel welfare attuale, e cioè: poco efficace nel conseguire gli obiettivi, ad esempio ridurre la povertà ; poco redistributivo; troppo sbilanciato sulle erogazioni monetarie, a discapito delle risorse dedicate ai servizi; troppo orientato in senso assistenzialistico; eccessivamente e inutilmente centralizzato (il 90% delle risorse è gestito direttamente dal livello nazionale). (da.iac)
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