Famiglie, risparmio ai minimi da 11 anni

by Sergio Segio | 30 Settembre 2011 6:14

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ROMA – A ridosso del crollo di Lehman Brothers, nel settembre del 2008, gli italiani risparmiavano oltre il 16% del loro reddito. Oggi quella percentuale si è ridotta di cinque punti, la più bassa degli ultimi undici anni. La metà  esatta di quanto registrato nel 1996, quando eravamo i primi in Europa, quattro punti in più dei francesi, sei sopra ai tedeschi, il doppio degli inglesi. Altri tempi, visto che oggi ci superano otto paesi su quindici. I dati Istat confermano, dunque, che la crisi continua a scarnificare anche l’ultimo fattore “cuscinetto” di un Paese dai conti pubblici disastrati. Nel privato, si sa, gli italiani sono formichine. Sempre meno, però.
Causa crisi, in un anno le famiglie hanno messo da parte solo l’11,3% delle loro risorse, oltre un punto in meno di quanto facevano nel secondo trimestre del 2010, sui livelli di inizio secolo e al di sotto della media dell’Europa a 27 (13,2%). Una curva discendente da oltre un decennio, dunque, che svela un effetto sostituzione nelle scelte di singoli e nuclei sempre più inequivocabile. Nello stesso periodo osservato dall’Istat (da aprile a giugno di quest’anno rispetto all’anno scorso), difatti, la quota del reddito riservata agli investimenti (acquisto di abitazioni e altro) si è congelata attorno all’8,9%. Dove vanno allora i denari sacrificati al gruzzolo o al materasso se non sono né risparmiati né investiti? Nei consumi. Che crescono del 3,7%, mentre il reddito a disposizione delle famiglie corre solo del 2,3%. Gli italiani, dunque, consumano più di quanto riescano a produrre e guadagnare e per mantenere gli stessi standard devono attingere ai risparmi. Anche a causa di quanto eroso dall’aumento dei prezzi, che morde una bella fetta di potere d’acquisto (-0,3% nel periodo, al netto dell’inflazione che viaggia ben al di sopra del 2,5%). Tra i paesi Euro la media del potere d’acquisto è calcolata in 108, come numero indice. Per l’Italia è 100. Inferiore anche agli spagnoli, ben al di sotto del 128 dei tedeschi e lontanissimo dal 283 di chi vive in Lussemburgo. Calerà  ancora, fino al 6% nel 2014, prevedono allarmati Adusbef e Federconsumatori.
Ma di quali consumi parliamo? Di quelli essenziali, per lo più, difficilmente comprimibili. I più esposti alle fiammate dei prezzi dell’ultimo anno e che costringono a scelte dolorose. La Cia (Confederazione italiana agricoltori) ha monitorato le decisioni di acquisto delle famiglie costrette a tagliare persino sul cibo. Nei primi sei mesi dell’anno ne hanno fatto le spese anche i prodotti di prima necessità : pane (-8,5%), pesce (-4,8%), carne rossa (-3,2%), frutta (-2,7%). Persino la pasta (-1,6%). La Coldiretti è ancora più severa nelle stime: pane (-9%), pasta (-4%), frutta (-3%), latte fresco (-2%). Cali che mettono in difficoltà  tutto il sistema produttivo, a partire dall’agricoltura. Il caso “bistecca” è emblematico. L’Unisca, l’associazione degli imprenditori del settore carne della Confcommercio di Roma, segnala una contrazione addirittura del 20-25% nei negozi della Capitale, comprese le macellerie fidate di quartieri prestigiosi come Parioli, Prati, Balduina.

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