Draghi in visita dal premier A colloquio su conti e Btp

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ROMA — L’importante ora è fare in fretta, approvare subito la manovra, per far vedere ai mercati che l’Italia fa sul serio nell’azione di risanamento dei suoi conti pubblici. È questa, in grande sostanza, l’esortazione che il Governatore della Banca d’Italia, Mario Draghi, avrebbe rivolto al presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, nell’incontro di ieri sera a Palazzo Chigi. Mezz’ora di colloquio, al quale è stato presente anche il sottosegretario alla Presidenza, Gianni Letta, per fare il quadro della situazione dopo l’avvio dell’iter parlamentare della manovra, rafforzata rispetto al testo varato prima di Ferragosto nel pieno della bufera che si è scatenata sui mercati contro l’Italia. E che ha portato la Bce, la Banca centrale europea, a intervenire per sostenere, acquistandoli, i titoli pubblici italiani.
Draghi era di ritorno da Francoforte dove il consiglio dei governatori, come ha riferito il presidente Jean-Claude Trichet, ha promosso, seppure solo con la stretta sufficienza, le misure varate dal governo che, è stato detto, vanno nella giusta direzione.
Il Governatore, che dal primo novembre sostituirà  lo stesso Trichet al vertice della Bce, avrebbe spiegato al premier che la manovra, passata col voto di fiducia al Senato e in attesa del via libera della Camera, non è proprio quella più appropriata per risolvere i problemi dei conti pubblici del Paese. Molte cose, avrebbe detto, sarebbero da migliorare in linea con quanto lo stesso Draghi aveva suggerito nel precedente incontro dell’11 agosto, e in sintonia con le direttrici indicate dalla Bce nella lettera inviata il 5 agosto. Al momento però, visto il nervosismo degli investitori, sono più importanti i tempi. Le misure arrivate in Parlamento possono anche andar bene purché vengano approvate il prima possibile, avrebbe ribadito il numero uno dell’istituto di via Nazionale. Il quale avrebbe anche messo in guardia il Cavaliere, che si sarebbe mostrato disponibile a continuare sulla strada delle riforme, sugli effetti dannosi del festival di dichiarazioni, spesso contrastanti, dei vari componenti del governo e della maggioranza. Meglio sarebbe imporre una moratoria delle dichiarazioni, mettere il silenziatore sui contrasti dell’esecutivo sulle cose da fare. Perché, ed è questa la lezione che si trae dal recente riaccendersi delle turbolenze dei mercati, gli investitori sono più attenti di prima a misurare la credibilità  dell’azione dei governi nel risanamento dei conti pubblici. Vogliono rischiare di meno.
Né del resto, avrebbe ricordato Draghi al premier ribadendo le cose dette qualche giorno fa a Parigi, l’Italia come qualunque altro Paese dell’eurozona può pensare di avere le spalle coperte dalla Bce. L’acquisto dei titoli pubblici, è temporaneo, non può durare all’infinito perché la Banca centrale europea non ha alcun obbligo a intervenire. Decide in piena autonomia le sue iniziative, in relazione alla sua missione che è quella di tutelare la stabilità . Non c’è una correlazione tra ciò che un Paese si impegna a fare e gli interventi della Bce. Non è come quando uno Stato chiede aiuto al Fondo monetario che, come è accaduto per la Grecia, assicura i suoi finanziamenti in cambio del raggiungimento di determinati obiettivi di bilancio. Insomma, se l’Italia vuole uscire dal tifone dei mercati deve farcela con le sue forze.
Nel colloquio di ieri tra presidente del Consiglio e Governatore, non si sarebbe invece toccato il problema della successione al vertice della Banca d’Italia.


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