by Sergio Segio | 18 Settembre 2011 7:12
Gli effetti delle scarse conoscenze si riflettono, purtroppo, sulla difficoltà nel curare, prevenire, combattere tutta una serie di malattie, sofferenze e disturbi mentali che mai come oggi sembrano dilagare. Nei giovani soprattutto. L’infanzia e l’adolescenza sono età critiche per l’acquisizione e il mantenimento di un adeguato stato di salute mentale. Che cosa sta accadendo alla nostra psiche, alla nostra mente? E perché sta accadendo? La scienza deve rimboccarsi le maniche e cominciare realmente a occuparsi di ciò che ancora è mistero. C’è anche un appello dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms). Le sue previsioni indicano già dal 2020 una popolazione globale altamente «disturbata» nella fascia giovanile e in quella in continua espansione dei lungoviventi. L’Oms avverte anche: nei Paesi occidentali l’insieme delle malattie mentali costituisce una delle principali cause d’invalidità e di morte prematura. Con ricadute socioeconomiche disastrose.
Per Umberto Veronesi è il momento di intervenire, rimuovendo i blocchi e cercando di comprendere il perché le neuroscienze abbiano così poco attirato in passato sia i ricercatori («Solo dagli anni 80 sono cominciati ad aumentare», dice) sia gli investimenti. Così ha posto il problema sul tavolo del Futuro della Scienza 2011. Mind: the essence of humanity, è il tema della settima Conferenza mondiale di Venezia. Interventi a 360 gradi come è nello stile del meeting internazionale. Domenica si aprono i lavori nella sede della Fondazione Cini, che con la Fondazione Umberto Veronesi e quella Silvio Tronchetti Provera compone la triade ideatrice del Futuro della Scienza. La regia, dato il tema, è stata affidata a Edoardo Boncinelli. Sviluppare la ricerca nelle neuroscienze. Ecco l’obiettivo. E occorre farlo non solo per il progresso scientifico e civile, ma anche per risolvere l’urgenza di oggi: il disagio mentale, uno dei maggiori problemi socio-sanitari delle società evolute. Depressione, attacchi di panico, claustrofobia, agorafobia, ansia, anoressia, bulimia. Il vocabolario si aggiorna continuamente così come i numeri percentuali dei colpiti, anche se in molti evitano di «comparire» per paura di essere etichettati come «pazzi». Emerge da uno studio recente: circa i due terzi delle persone affette da disturbi mentali non fa ricorso ad alcuna cura per migliorare la propria condizione; nella maggior parte dei casi, l’ostacolo più grande è dato dai pregiudizi che circondano la malattia mentale. Così alla fine si può morire per un’anoressia o arrivare a suicidarsi in conseguenza di sofferenze mentali di per sé curabili. Suicidi in aumento anche perché l’aggressività , espressione di un disagio profondo, si trasforma in autoaggressività . Gli omicidi per fortuna sono in caduta libera. Anche se i raptus di follia sono spesso chiamati in causa.
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