Dietrofront su naja e anni d’università Ma le pensioni rimangono nel mirino
Presenti i tecnici del ministero dell’Economia, assente Giulio Tremonti. Ma nessuno ci metterebbe la mano sul fuoco. E tutti, anche i medici e i paramedici che ieri esultavano per la vittoria conseguita «grazie all’unità della protesta», attendono con trepidazione il termine di oggi pomeriggio alle 15 quando in teoria il relatore di maggioranza Azollini dovrebbe consegnare in commissione Bilancio, al Senato, gli emendamenti governativi alla manovra bis.
Le voci che si inseguono nei corridoi parlano di un lavorio frenetico dei ministeri per verificare la costituzionalità della norma che intendeva abolire gli anni riscattabili. E a Sacconi, che sembra abbia insistito sull’idea come forma di mediazione tra la Lega e Tremonti, viene ora rimproverato di aver sbagliato calcoli e impatto sociale. Non a caso martedì pomeriggio, quando ancora l’ipotesi era in piedi, il titolare del Lavoro aveva incontrato i vertici di Inps e altri enti previdenziali, probabilmente anche per meglio calcolare costi e benefici (si prevedeva un risparmio di 500 milioni l’anno per un triennio ma forse non erano state prese abbastanza in considerazione le perdite per i mancati riscatti degli anni universitari, che sono ormai decisamente onerosi). Tecnici ed esperti, però, starebbero verificando anche alcune possibili alternative di riforma del sistema pensionistico. Checché ne dica Bossi e quali che siano i maldipancia padani con i quali la Lega si trova a fare i conti (i siti di riferimento per due giorni sono stati subissati di proteste, soprattutto da parte di ex militari di leva rabbiosi per aver dovuto regalare inutilmente un anno ad una Patria, perdipiù «altrui»).
Le ipotesi su cui starebbero lavorando gli esperti di via XX Settembre e di via Fornovo sono molte, dal ripristino dello scalone di Maroni ad un rifacimento della riforma Dini, sempre nella direzione dell’allungamento dei tempi pensionistici. Si pensa di anticipare di un anno l’innalzamento dell’età pensionabile delle donne lavoratrici private e anche l’ultimo scalino delle pensioni di anzianità che era previsto per il 2013. Il meccanismo più accreditato per allungare i tempi della vita lavorativa sembra essere la somma di età e anni di versamento contributivo, per arrivare a un totale che nella versione peggiore (a partire dal 2015) dovrà essere pari a 100. Ma molto più probabilmente, si fermerà a quota 97 per i lavoratori dipendenti che abbiano raggiunto perlomeno 61 anni di età , e un totale di 98 per quelli autonomi che devono avere almeno 62 anni.
I sindacati, naturalmente, non demordono e rimangono sul piede di guerra in attesa di vedere nero su bianco cosa s’inventerà questo governo «allo sbaraglio». D’altra parte, già nella manovra di luglio è stata allungata da 12 a 15 mesi la «finestra contributiva» che rinvia la fuoriuscita dal lavoro anche dopo aver maturato tutti i requisiti pensionistici. Senza neppure salvaguardare le fasce di lavoratori usuranti. E pensare che solo qualche giorno fa il presidente dell’Inps Antonio Mastrapasqua aveva dichiarato al meeting di Rimini: «Cambiare ogni giorno il sistema previdenziale non è un bene per il futuro degli italiani. Il nostro è, insieme a quello svedese, il migliore d’Europa».
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