Decreto-sviluppo in salita Tremonti non cede sul costo zero

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ROMA – Nel marasma generale e tra i veti incrociati, che ieri Tremonti ha cercato di sciogliere durante il vertice con Umberto Bossi, si lavora al decreto sviluppo. Invocato da Berlusconi e auspicato da più parti nella maggioranza, si scontra con l’idea del ministro del Tesoro di fare soltanto operazioni a «costo zero». Un primo test sulle intenzioni del governo sarà  domani quando Confindustria, Abi e Rete imprese Italia si vedranno nuovamente al Tesoro per cercare di mettere a punto idee e misure condivise. Giovedì il seminario con esperti, banche ed enti locali per discutere di valorizzazione e vendita del patrimonio immobiliare e delle aziende pubbliche locali. Incertezza sulla data del varo del decreto sviluppo: potrebbe essere esaminato nel Consiglio dei ministri di giovedì, o addirittura di venerdì (drammatizzando c’è chi parla di una riunione convocata per le 20 a mercati chiusi). Secondo altre fonti il provvedimento potrebbe invece arrivare più tardi, intorno al 15 ottobre in vista del varo della legge di stabilità 
Nel menù, assai limitato per ora, spicca la cosiddetta Tremonti-infrastrutture, che consisterebbe in una serie di defiscalizzazioni, dall’Iva all’Ires, per le imprese che investono in grandi opere. Ma è proprio Tremonti a frenare per i costi in termini di gettito. Meno impervia la strada delle misure di semplificazione del processo che porta agli investimenti in infrastrutture: si prevedono tempi più stretti per le decisioni del Cipe, per le autorizzazioni della Corte dei Conti e per le erogazioni dei finanziamenti. Si lavora anche al ministero dello Sviluppo economico, come ha riferito ieri il ministro Paolo Romani. Renato Brunetta, alla Funzione pubblica, promette deburocratizzazioni, a partire dalla gaffe, contestata, sulla eliminazione del certificato antimafia per le imprese che partecipano agli appalti. Per il resto liberalizzazioni e semplificazioni dovrebbero completare il quadro.
E’ tuttavia il tema delle risorse quello cruciale. Senza una cura efficace sul lato del potere d’acquisto che i sindacati chiedono sotto forma di diminuzione delle tasse sul lavoro è dubbio che la spinta alla crescita abbia efficacia. Così, anche se non se ne parla, l’attività  dei tecnici è incentrata sulle misure in grado di reperire fondi e, contemporaneamente, frenare la corsa dei conti pubblici. Forse già  da quest’anno.
In cima alla lista c’è la questione pensioni sulla quale circolano più ricette, dalla abolizione della anzianità , all’ulteriore anticipo per le donne del settore privato, all’introduzione del pro-quota anche per le classi residuali che hanno diritto al sistema retributivo. Resta sempre in primo piano l’aumento delle rendite catastali ai fini Ici e l’anticipo al 2012 dell’Imu con i relativi aumenti di gettito dalla tassazione degli immobili.
Mentre un fuoco di fila sembrerebbe aver bloccato la patrimoniale, che pure è chiesta da più parti, a cominciare dai sindacati, non è ancora escluso il ricorso al condono. La richiesta del partito pro-sanatoria, che nella maggioranza conta su una quarantina di parlamentari, non è stata accantonata. Anzi il tam tam degli uffici indica, oltre alla soluzione sulla partita fiscale anche, quella edilizia e previdenziale.


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