by Sergio Segio | 14 Settembre 2011 7:50
ROMA – Ormai sono convinti anche nel centrodestra. Lo stesso Berlusconi non esclude un innalzamento dell’età pensionabile, Tremonti ha aperto il dossier privatizzazioni con un convegno che il Sole 24 Ore ha titolato “Britannia 2”, con riferimento al mitico incontro di finanzieri internazionali che, agli inizi degli Anni Novanta, aprì la strada alla vendita dei gioielli di Stato. Portata a casa a stento la manovra d’estate, con il probabile pareggio di bilancio nel 2013 e in vista di nuovi interventi con la Legge di Stabilità (ex Finanziaria) che dovrà essere varata entro il 15 ottobre, la maggioranza lancia segnali di rigore e intende affrontare il nodo del debito pubblico.
«Patrimoniale, condono e riforma delle pensioni per incassare 400 miliardi e abbattere il debito al 90 per cento del Pil», ha detto ieri il presidente vicario del Pdl alla Camera Massimo Corsaro che ha anche proposto un patto bipartisan con la creazione di un fondo per riacquistare il debito pubblico. Una mossa che ha raccolto un coro di consensi nell’area ex An, da Maurizio Bianconi ad Alberto Giorgetti, ma che è stata interpretata anche come una polemica verso Tremonti e Grilli che in queste settimane stanno invece cercando «compratori» per i Btp italiani in Cina e all’estero.
Si tratta comunque di macrocifre necessarie anche per rispettare il percorso di riduzione del debito pubblico che imporranno le nuove regole di Bruxelles (riduzione del 3% l’anno della differenza tra lo stock e il 60 per cento del rapporto con il Pil). Tenendo conto che il debito pubblico supera i 1.800 miliardi l’intervento per abbatterlo può passare per le operazioni di patrimoniale “hard”, come quelle prospettate da Giuliano Amato e Pellegrino Capaldo (dai 600 ai 900 miliardi con una tantum su beni mobili e immobili) oppure su una nuova stagione di privatizzazioni. Nel mirino sono i servizi pubblici locali, le cosiddette utilities (il Tesoro ha nettamente smentito che si stia parlando delle quotate e cioè di Eni, Enel, Finmeccanica e Terna). Si tratta di un patrimonio notevole ma sul quale già si leva il «muro» dei Comuni che ieri, con il vicepresidente Delrio, hanno minacciato ricorsi alla Consulta e detto «no» alle svendite. Gli enti locali possiedono 675 società , di cui 72 nell’energia, 52 aeroporti e interporti, 87 nel settore dell’acqua (la cui vendita è tuttavia bloccata dal referendum). Tra queste una decina sono quotate: veri e propri giganti come Acea, Hera e Aem Torino. Per ora la manovra di Tremonti si limita a dare incentivi ai Comuni che privatizzano, ma in serbo potrebbe esserci un processo di trasformazione in spa un po’ come avvenne con il sistema bancario quando, prima del sistema delle Fondazioni, era dominato dagli enti pubblici.
Non è escluso tuttavia che, alla ricerca di macrocifre, Tremonti non riprenda il suo vecchio progetto di dismissioni del patrimonio statale. Secondo i documenti elaborati dalla commissione Giarda si tratta di 904 miliardi, tra immobili, terreni opere d’arte e aziende di Stato. I terreni pubblici coprono, ad esempio il 17 per cento dell’intero territorio nazionale. Dipinti, statue, manufatti archeologici, manoscritti ecc, valgono circa 13 miliardi: si tratta di 3 milioni e 200 mila singoli beni di cui solo il 30 per cento è esposto nei musei. Uno scenario affascinante, che suggerisce la strada di una razionalizzazione e dello sfruttamento dei «giacimenti culturali», ma poco credibile a Francoforte e Bruxelles. A quel punto rimarrebbe solo la strada di un nuovo e devastante condono fiscale, edilizio e previdenziale che, del resto, Corsaro auspica apertamente.
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