Crisi, l’Unione non fa la Grecia

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 PARIGI.La discussione dell’eco-fin, che si conclude oggi a Wroclaw in Polonia con la partecipazione eccezionale del segretario al Tesoro Usa Timothy Geithner accanto ai ministri dei 27, doveva essere concentrata sul secondo piano di aiuti alla Grecia, le cui grandi linee erano state stabilite il 21 luglio scorso. Ma le divisioni e la confusione nell’euro-zona sono tali che ora è in forse anche il primo piano di aiuti ad Atene, già  in atto: il capo dell’euro-gruppo (17 paesi euro), Jean-Claude Juncker, ha affermato che la tranche di 8 miliardi di euro, che avrebbe dovuto essere versata all’inizio di settembre, lo sarà  – forse – ad ottobre. «Prenderemo la decisione sulla prossima tranche ad ottobre, basandoci sulle dichiarazioni della troika», Bce, Ue e Fmi, ha detto Juncker. La riunione della troika ci sarà  la prossima settimana di nuovo ad Atene, dopo aver messo fine precipitosamente al viaggio che aveva fatto all’inizio di settembre, delusa e irritata per i ritardi greci ad attuare il piano di risanamento.

Jean-Claude Trichet, presidente della Bce, insiste: «Non c’è più molto tempo». Christine Lagarde, direttrice dell’Fmi, mette in guardia: «C’è la possibilità  di un fallimento della Grecia», che se non riceve la tranche non riuscirà  nemmeno a pagare i pubblici funzionari.
Il ministro britannico, George Osborne, parla anch’egli di «tempo contato» in una situazione di estrema «gravità »: «Non siamo immuni», ha detto riguardo alla Gran Bretagna, che non è nell’euro ma ha forti legami finanziari ed economici con la zona della moneta unica. Il commissario agli affari economici, Olli Rehn, afferma che al massimo i soldi della tranche per la Grecia potranno venire sbloccati a «metà  ottobre».
Geithner preme sugli europei, ma i «virtuosi» frenano. Jutta Urpilainen, ministra delle finanze finlandese, ha affermato che «non c’è soluzione in vista sulle garanzie chieste da Helsinki alla Grecia» per sbloccare il prestito. Maria Fekter, ministra austriaca, ha rivelato che «la Germania rifiuta di impegnare più fondi per assicurare la stabilità  finanziaria». Per Fekter, «il default è meglio di un salvataggio troppo oneroso».
Secondo la ministra austriaca, il suo collega tedesco Wolfgang Shaà¼ble, avrebbe risposto alle pressioni di Geithner che è «molto improbabile far pesare il fardello (dell’aumento del Fondo europeo di stabilità  finanziaria) sui contribuenti, in particolare se è imposto ai paesi che hanno il rating AAA». Per Fekter, questi paesi stanno prendendo in considerazione l’ipotesi della Tobin Tax, ma gli Usa bloccano.
Queste rivelazioni hanno fatto uscire dai gangheri Juncker, che ha smentito che a Wroclaw si sia parlato del Fondo europeo di stabilità  finanziaria e del suo aumento: «Non c’è stata nessuna discussione con Geithner» su questo argomento. Geithner ha espresso forte preoccupazione per le divisioni europee e ha chiesto di «fare di più»: «E’ un peccato constatare – ha detto – che esista un conflitto tra i governi e la Bce. Tutti devono lavorare assieme per evitare rischi catastrofici per i mercati finanziari». La Federazione bancaria europea ha fatto eco al segretario al tesoro Usa: chiede all’eurozona «un’azione chiara». Juncker si limita a rispondere che tutti sono «determinati a dare una risposta internazionale forte e coordinata», ma aggiunge, rivolto a Geithner: «Non vediamo nella zona euro alcun margine di manovra che ci permetta di attuare un nuovo piano di rilancio».
Geithner avrebbe suggerito agli europei di aumentare i fondi del Fesf sul modello del Talf (Term Asset-Backed Securities Loan Facility), messo in atto negli Usa nel 2008 dopo il fallimento di Lehman Brothers e che aveva permesso di prestare 200 miliardi di dollari alle banche. La Germania, che afferma di puntare su una crescita più vicina al 3% che al 2,5%, vuole che il patto di stabilità  venga rafforzato.
L’europarlamento è arrivato a un compromesso in questo senso: verrà  stabilito un nuovo patto, che non modifica i parametri di Maastricht (3% massimo di deficit, 60% di debito sul pil), ma avrà  un funzionamento più rigoroso, con sanzioni per chi non o rispetta. Socialisti e Verdi sono contrari.


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