Crescita verso lo zero, addio tagli al debito

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ROMA – Un ostacolo dopo l’altro. Neanche il tempo per tirare il fiato, dopo la corsa estiva per fissare il pareggio di bilancio nell’anno 2013, che per l’Italia si profila un altro sforzo da far tremare i polsi. La nuova meta si chiama “regola del debito”, l’ha approvata mercoledì scorso il Parlamento europeo insieme ai più stringenti criteri della “sessione di bilancio” dell’Unione, e prevede nuovi e dolorosi interventi a partire dal 2015. In pratica, per evitare sanzioni, gli Stati dovranno ridurre di un ventesimo l’anno la parte di debito che eccede il 60 per cento del Pil: per il nostro paese, a conti fatti, si tratta di un taglio di 3 punti l’anno del fatidico rapporto, pari a circa 40 miliardi. Tutto ciò mentre dall’Istat giungono nuove preoccupanti notizie: il rapporto deficit-Pil è salito nel secondo trimestre dell’anno al 3,2 per cento contro il 2,5 del secondo trimestre 2010
Dove trovare le risorse per rispettare la “regola del debito”? Il dibattito è aperto, dalle privatizzazioni, all’evasione fiscale, alle pensioni, alla patrimoniale. Ma la chiave di volta resta – come segnalato più volte dalla Banca d’Italia – la crescita. Solo con una crescita del Pil del 2 per cento annuo (tutto sommato non distante dalla media europea), il nodo della nuova “regola del debito” avrebbe potuto essere affrontato con strumenti meno dolorosi. Secondo alcune stime, con un maggiore crescita, agendo soprattutto sul debito e con minor forza sul deficit-Pil, nel 2020, l’Italia avrebbe potuto raggiungere un rapporto debito-Pil del 98,6 per cento (con un taglio di circa 20 punti percentuali). Una cura da cavallo, a colpi di riduzione dello stock di debito, magari aiutata da una patrimoniale, ma possibile e meno violenta in termini di tagli annuali al deficit.
Ma la crescita non c’è e, addirittura, per il prossimo anno si teme “quota zero”. Inoltre la questione del debito, sotto la pressione della crisi estiva, è stata affrontata puntando sul pareggio di bilancio (di cui si profila anche l’ingresso in Costituzione): il «pareggio» è stato anticipato al 2013 con una cura da 59,7 miliardi in tre anni. In direzione di quanto stabilito dal Parlamento europeo: il rapporto debito-Pil comincerà  a scendere di poco più di due punti l’anno come indica il Def.
Così si è scelto il percorso più ruvido. Il mix bassa crescita-pareggio di bilancio, secondo il calcoli di Bankitalia, comporterà  un taglio, dal 2010 al 2016, del 5,3 per cento della spesa primaria corrente, la carne viva del bilancio dello Stato. Dunque, se l’economia non ripartirà , bisognerà  aspettarsi nuovi sacrifici.
Se con la crescita bassa la situazione è difficile a quota zero o in recessione diventa complicatissima. Lo dimostra Francesco Daveri, in un articolo per lavoce.info dove individua più di un rischio sul percorso di rientro del debito pubblico fissato dal governo.
Secondo il Def, il rapporto debito-Pil dovrebbe cominciare ad invertire la rotta fin dal 2012, scendendo a quota 119,5 per raggiungere il 112,6 per cento nel 2012. Ma questo scenario è ancorato ad una crescita già  scarsa, sotto l’1 per cento. E se nel 2012 l’Italia totalizzasse «crescita zero»? A quel punto la riduzione del debito sarebbe «virtualmente azzerata». E in recessione dell’1 per cento? Un dramma: il debito aumenterebbe di quasi due punti. Il messaggio è il seguente: «Di fronte ad un eventuale rapido peggioramento della situazione economica, per mettere davvero “in sicurezza” i conti, sarà  importante agire in fretta, mettendo le esitazioni e i passi falsi dell’estate 2011, rapidamente in soffitta».


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