Corno d’Africa: raccolti da Agire 1,6 milioni di euro, ma è ancora emergenza
“Seppure la somma da noi raccolta sia irrisoria rispetto alle enormi necessità d questa crisi umanitaria, la presenza radicata e pluriennale delle Ong della nostra rete in Somalia, Kenya ed Etiopia ci permetterà di capitalizzare al massimo le risorse economiche disponibili e di raggiungere anche zone di difficile accesso, in particolare in Somalia” – ha commentato Marco Bertotto, direttore di AGIRE. “Ogni euro ricevuto – come previsto dalle procedure del network – è destinato al 93% ai programmi di risposta all’emergenza delle organizzazioni. il 5% copre i costi del meccanismo di raccolta fondi mentre il restante 2% viene utilizzato per migliorare la qualità degli interventi umanitari attraverso attività di monitoraggio e valutazione dei programmi realizzati da esperti internazionali esterni ed indipendenti” – sottolinea Bertotto. A partire dal 15 settembre i testi dei progetti finanziati, completi di budget, saranno disponibili sul sito web di Agire. Pur chiudendosi l’operazione sms solidale, è possibile donare AGIRE fino a fine anno sia on line che attraverso il conto corrente.
Dieci delle ONG di AGIRE (ActionAid, Amref, Avsi, Cesvi, Coopi, Cisp, Cosv, Intersos, Save the Children e Vis) possono contare su una presenza radicata e di lungo periodo nelle aree oggi colpite dalla grave siccità . La loro risposta alle necessità attuali obbliga quindi a interventi immediati, concreti ed integrativi rispetto a quanto già in corso.
In Somalia CESVI, CISP, COOPI e INTERSOS si occupano del supporto agli sfollati interni (IDPs), attraverso la distribuzione di cibo, acqua potabile, medicinali, e la realizzazione di servizi igienici e sanitari. In Kenya gli interventi di ActionAid, AMREF e AVSI rispondono invece ai bisogni di coloro che dalla Somalia sono fuggiti, cercando aiuto nei campi profughi di Dadaab (distribuzioni di beni di prima necessità e costruzione di centri educativi) ma sono anche indirizzati alle comunità keniote colpite dalla siccità nel distretto di Ijara e di Malindi, dove si realizzano attività agricole e igienico sanitarie. In Etiopia Save the Children e VIS garantiscono assistenza umanitaria agli sfollati nell’area di Jijiga traminte distribuzioni di beni alimentari e di acqua potabile e realizzano programmi di integrazione alimentare per bambini malnutriti a Dolo Ado Woreda, nella somali Region.
“Grazie al contributo dei cittadini italiani, AGIRE e la società civile sono riuscite a fare la loro parte nel quasi completo silenzio dei media” – evidenziava nei giorni scorsi Marco de Ponte, presidente di AGIRE. “Ora la comunità internazionale deve impegnarsi ulteriormente per porre fine a questo scandalo, perché il fatto che milioni di persone rischino di morire di fame nel 2011 non può che essere definito scandalo” – concludeva de Ponte.
La nota del presidente di AGIRE va riferita alla Conferenza dei donatori “One Africa One Voice Against Hunger” che si è tenuta la scorsa settimana ad Addis Abeba. Erano infatti solo quattro i capi di stato presenti al vertice e le donazioni raccolte tra i governi africani ammontano a 46 milioni di dollari, meno dei 50 milioni inizialmente previsti. L’obiettivo della conferenza era quello di ovviare alla scarsità di fondi destinati a combattere la carestia e la crisi umanitaria che colpisce ormai quasi 13 milioni di persone tra Somalia, Kenya, Etiopia e Gibuti. La Conferenza ha comunque annunciato anche un contributo straordinario di 300 milioni di dollari della African Developement Bank. “Ma siamo delusi dallo scarso contributo dei paesi del continente” – hanno affermato gli organizzatori. Se la richiesta di fondi da parte delle Nazioni Unite ammonta a 2,4 miliardi di dollari, ad oggi solo il 58% di questa cifra è stato effettivamente promesso dai paesi donatori e manca quindi all’appello oltre 1 miliardo di dollari – sottolineavano gli organizzatori.
In questi giorni l’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Rifugiati, Antà³nio Guterres, è in visita nel Corno d’Africa per verificare la situazione degli sfollati somali e per fornire quanti più aiuti possibile all’interno della Somalia in modo che le persone colpite dalla carestia e dal conflitto non siano costrette ad intraprendere il difficile viaggio verso i paesi limitrofi in cerca d’assistenza. “Anche se il flusso dei somali in fuga verso Etiopia e Kenya è rallentato, i campi per rifugiati continuano a dover affrontare la sfida dei nuovi arrivi” – riporta una nota dell’UNHCR. “Desta preoccupazione soprattutto l’aumento dei decessi tra i bambini con meno di 5 anni di età ”. Nel complesso di campi di rifugiati di Dadaab, in Kenya, sono finora 30mila i nuovi arrivati spostati dalle aree ai margini di Ifo Extension e Kambioos dove si erano insediati. L’UNHCR continua ad allestire tende e concentra la propria attività sulla fornitura immediata di servizi igienici di base, attraverso l’installazione di sistemi idrici e latrine, ma l’acqua potabile poi deve essere trasportata giornalmente su camion attraverso strade che in alcune località sono poco più che passaggi nella sabbia a malapena percorribili. [GB]
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