Con le spalle al muro

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A Napoli le intercettazioni tra Berlusconi e l’amico faccendiere Lavitola, con la frase, sempre smentita, («resta lì»), mettono il presidente del consiglio con le spalle al muro, davanti ai magistrati e all’opinione pubblica. A questo punto, saltati gli ultimi argini, solo le dimissioni potrebbero risparmiare al paese guai peggiori perché, approvata la manovra e nessun problema risolto, si spalancano ora tutti i fronti che accenderanno l’autunno.
Alimenta il fuoco la Confindustria intenzionata a licenziare l’imbarazzante premier per sostituirlo con un più affidabile governo delle privatizzazioni e dei tagli alle pensioni. Alza e abbassa la fiamma la Lega che stringe accordi con Tremonti (il caso Milanese) e tiene sotto scacco il capo del governo. Brucia il Pdl incendiato dalla guerra intestina di tutti contro tutti. Di fronte allo scontro tra il declinante fronte berlusconiano e i poteri che si candidano a sostituirlo sta l’opposizione parlamentare, privata degli strumenti istituzionali (emendamenti e ostruzionismo), annullata dai voti di fiducia reclamati in nome dell’emergenza, messa in mora da se stessa. E i tafferugli romani sono il segnale, prevedibile, di cosa produce la sordità  di una classe dirigente verso i movimenti e il sindacato.
Se la protesta sociale non trova ascolto quando si esprime nelle forme civili e propositive (dai referendum allo sciopero), si prende la piazza e sfoga la rabbia. Sempre ieri un gruppo di operai della Cgil ha bloccato l’auto su cui viaggiava la Marcegaglia. E’ stata una dimostrazione pacifica, gli appelli alla mobilitazione si moltiplicano, oggi “scioperano” comuni e regioni, ma il conflitto non può essere solo sfidato e represso. Come invece intende fare Berlusconi quando, con disperata arroganza, rilancia la proposta di un decreto contro le intercettazioni. Benzina sul fuoco (non solo quello dei mercati).


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