Cipro, la Turchia minaccia l’Europa

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E’ il momento del «redde rationem» fra Turchia ed Europa. E un Paese oggi economicamente più solido, e sotto il profilo geo – politico sempre più agguerrito, si presenta puntuale alla resa dei conti minacciando di voltare le spalle all’Europa. Con l’isola di Cipro, pericolosamente davanti alle coste dell’ormai nemico Israele, come possibile terreno di scontro.
Ieri il vice premier Beshir Atalay ha detto che Ankara è pronta a «congelare» le sue relazioni con l’Unione Europea nel momento in cui la presidenza a rotazione passerà , nel luglio 2012, alla Repubblica di Cipro (greca) senza prima una soluzione sull’isola divisa. «Se i negoziati su Cipro – ha affermato il vice del premier Recep Tayyip Erdogan – non hanno una soluzione positiva, e se la UE dà  la presidenza dell’Europa a Cipro del sud, la crisi sarà  soprattutto fra la UE e la Turchia. Perché congeleremo le nostre relazioni. Ciò causerà  una rottura grave. È una decisione appena presa dal governo».
E ad attizzare nuove polemiche è giunta ieri anche la decisione del capo di Stato cipriota Dimitris Christofias di avviare «nei prossimi giorni» trivellazioni sottomarine alla ricerca di consistenti giacimenti di petrolio di nuova individuazione. Il governo aveva commissionato a un’impresa americana di condurre ricerche in un’area off shore a sud est dell’isola. Esplorazioni che potrebbero essere ora completate, in modo congiunto, con società  israeliane. Il ministro degli Esteri turco Davutoglu ha definito il passo «una provocazione», affermando che le perforazioni andrebbero condivise con la parte settentrionale dell’isola. E ha avvertito che «se questo fatto compiuto continua» la Turchia potrebbe condurre proprie esplorazioni al largo, in collaborazione con Cipro Nord.
La situazione nel Mediterraneo si fa incandescente. Erdogan termina il suo viaggio «anti-israeliano» in trionfo nei Paesi della «primavera araba». Ankara rafforza la propria flotta navale, e toglie dagli aerei il dispositivo che segnala Israele fra i velivoli amici, sintonizzandolo invece tra i nemici. E Cipro, metà  già  in Europa, l’altra metà  invece abbandonata al suo destino nonostante nel 2004 avesse con entusiasmo aderito al referendum per la riunificazione (però bocciato dalla parte greca), rischia di far naufragare i tempestosi rapporti fra la Turchia e l’Europa. Proprio il braccio di ferro sull’isola ha causato il congelamento di 18 dei 35 capitoli negoziali. La portavoce della Commissione europea, Maja Kocijancik, ha reagito spiegando che «non è il momento di fare speculazioni, la nostra linea non cambia, l’Unione Europea resta impegnata per trovare una soluzione alla questione di Cipro». E il ministro degli Esteri italiano Franco Frattini ha dichiarato che «non possiamo permetterci di perdere la Turchia» e che «allontanarla sarebbe un errore gravissimo». Persino l’Osservatore Romano in un editoriale («Erdogan, Obama e la crisi del Vicino Oriente»), si chiede ora se nel momento in cui l’America è piegata dalla peggiore crisi della sua storia, «se la Turchia – oggi con un Pil che sfiora il 9% – possa garantire la stabilità  del Medio Oriente».


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