Cattolici del Pdl paracult

by Sergio Segio | 28 Settembre 2011 6:49

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La tecnica è nota: fingere di non capire parole che pure sono chiarissime. Strepitoso Formigoni sul monito di Bagnasco: «È un messaggio indirizzato a tutti gli italiani, non a una singola persona». Cult. Anzi, paracult. Poi chiosa, devotissimo: «Ognuno di noi deve chiedere perdono a Dio». CONTINUA | PAGINA 15
Ognuno chi? Ognuno che se ne sia “fatte” soltanto otto su undici? Ognuno accusato di aver pagato ragazzine minorenni? Precisare, prego. Si è spremuto le meningi anche Maurizio Sacconi (chissà  che fatica!), prima di partorire pure lui e dire che le parole di Bagnasco «seppur legittime e comprensibili rischiano di venire strumentalizzate». Poi, non sembrandogli abbastanza chiaro il concetto, aggiunge: «Nessuno può usare il monito di Bagnasco come una clava». Premio speciale della giuria a Osvaldo Napoli che prima tira in ballo De Gasperi, chissà  perché, e poi disvela il suo genio: «Ieri i vescovi non hanno criticato l’uomo Berlusconi e neppure il presidente del consiglio Silvio Berlusconi. Hanno richiamato il ceto politico a comportamenti di sobrietà  e al senso della misura: richiamo che vale per tutti». Bingo. È una scemenza, ma pare funzioni. Dice Rotondi: «Quello del cardinale Angelo Bagnasco è un richiamo che riguarda tutti, il monito non va mai riferito ad una persona, è rivolto alla generalità  dei cittadini». Alla persona, peraltro, ci pensa lui e definisce Berlusconi un «santo puttaniere». Incidente sul lavoro.
Dunque il coro dei cattolici del Pdl pare unanime: il monito dei vescovi e le porcate conclamate di Silvio coincidono solo per una clamorosa coincidenza, tipo un sei al Superenalotto. E poteva il ministro Fitto tacere di fronte a un simile allineamento di pianeti? Certo che no, eccolo: «Il messaggio del cardinale Bagnasco è rivolto a tutti, strattonarlo da una o dall’altra politica è sbagliato e lo svilisce». Appunto, lo svilisce. Per fortuna c’è Giuliano Ferrara, un altro politico della destra, pio, credente e tanto, tanto devoto, capace di spostare un po’ l’asse del discorso in una puntata di enorme spessore satirico di Radio Londra (lunedì sera) e in un pensoso fondo sul Foglio di ieri. La sostanza comica è nota: i vescovi bacchettano Berlusconi, ma non prendono lezioni dai furibondi «laicisti» che vogliono preservativi, divorzio, aborto, pillole varie eccetera eccetera. Insomma, la trave è ancora nostra, mentre il pisello di Silvio sarebbe una pagliuzza (e qui il capo, francamente, potrebbe offendersi). La trovata comica non è granché e ricorda vecchie battute da avanspettacolo («Razzista io? Parla lei che è negro!»). Per fortuna, come succede ai comici che hanno mestiere ma non testi adeguati, Ferrara si riscatta con una sapiente manipolazione del linguaggio. Ecco dunque, ad uso dei «laicisti», dei miscredenti e degli appassionati dell’uso creativo del vocabolario, alcune delle locuzioni usate su vari palcoscenici dal nostro contorsionista preferito. Eh, sì, il nome della cosa non è secondario. Come chiama dunque Ferrara i festini del Capo? Vediamo. «Bisbocce», ben trovata. «Festicciuole», garbatamente démodé. «Propensione alla galanteria», siamo al capolavoro. «Gioco non sempre troppo sottile e a sfondo sessuale tra uomo e donna», qui gli è scappata un po’ la mano. «Gioco mondano», giusto, ricomponiamoci. «Feste da ballo», bravo. E che ballo, gente!

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