by Sergio Segio | 2 Settembre 2011 10:13
ROMA – Arrivano in Senato gli emendamenti del governo alla manovra. Dopo giorni di caos e norme ritirate, il governo prova a fare chiarezza. Salta l’accordo di Arcore, questa volta si punta tutto sul recupero dell’evasione, con tanto di carcere per chi evita di versare più di tre milioni di nero. Ma il nuovo testo spacca subito la maggioranza, con gli amministratori del Pdl in rivolta e i ministri che subiscono un nuovo colpo si scure.
Il ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, esce dal bunker di Lorenzago e torna a Roma. Salta il Consiglio dei ministri (non c’era nemmeno Berlusconi, in partenza per il vertice di Parigi sulla Libia) e si chiude al ministero per lavorare. Quindi va dal presidente del Senato Schfani insieme al leghista Calderoli. Segue un vertice di maggioranza dal quale escono gli emendamenti attesi dal Senato e da mezza Europa.
Tremonti li illustra alla commissione Bilancio del Senato. Assicura che «i saldi rimarranno assolutamente invariati» e conferma che il contributo di solidarietà per i redditi superiori ai 90mila euro sparisce (ma solo per i privati, resta per il pubblico e i pensionati). Confermato anche il ritiro dell’intervento sulle pensioni. Il gettito mancante verrà coperto dalla lotta all’evasione.
E così scatta il carcere per chi evade più di tre milioni: nel redditometro entreranno anche i beni delle imprese concessi in godimento ai familiari (ad esempio barche e auto), nella dichiarazione dei redditi dovranno essere indicate le banche con i quali si hanno rapporti, i comuni potranno pubblicare online le dichiarazioni dei redditi dei cittadini e fino al 2014 intascheranno il 100% di quanto recupereranno agli evasori.
Arriva, inoltre, l’Ires maggiorata del 10,5% per le società di comodo e il taglio degli incentivi alle coop. Infine si prevede che tutti i proventi della Robin Hood Tax, e non il 50%, saranno usati per ammorbidire i tagli agli enti locali. Norma che manda nel panico i ministri di Berlusconi, visto che quei soldi dovevano servire ad rendere accettabili i tagli ai loro ministeri.
Ignazio La Russa dice che «evidentemente si pensa di intervenire in modo diverso per abbassare il taglio di sei miliardi». E i tecnici confermano che con sei miliardi in meno i dicasteri non reggeranno. Filtra che i soldi saranno cercati entro fine anno. Ci sono poi i responsabili degli enti locali che scendono sul piede di guerra, visto che nei loro confronti il taglio è ben più grande delle attese: 4,2 miliardi. Martedì prossimo la manovra sbarca in aula al Senato, l’approvazione dovrebbe arrivare entro sabato.
Le opposizioni, intanto, bocciano in toto la nuova versione della manovra. «Il governo è allo sbando e anche i mercati vedono che la barca è senza timone», dice Pier Luigi Bersani. Che avanza una proposta: «Il Parlamento si prenda le sue responsabilità e faccia questa manovra alla quale noi dall’opposizione possiamo dare un contributo di proposte». Ma continua, «il giorno dopo l’approvazione della manovra il governo deve andare a casa». E D’Alema chiede un governo «per affrontare una situazione di emergenza che può precipitare»E una volta tanto Veltroni è d’accordo: «Serve – dice un nuovo governo con una guida autorevole, e non è una richiesta tattica».
Anche Pier Ferdinando Casini pensa che il Cavaliere debba lasciare. Il leader dell’Udc, dice che «con la manovra è riuscito a fare una grande operazione: mettere tutti d’accordo sul fatto che il governo non c’è». E allora Casini dice che «se dovessimo arrivare con Berlusconi al 2013 sarebbe un baratro per il Paese». Dunque per «il bene del Paese e della sua coalizione» il Cavaliere «deve lasciare». Durissimo Antonio Di Pietro: «Sono come Saddam e Gheddafi, chiusi nel bunker. Questa è la manovra di un governo imbambolato e rincretinito, incapace di intendere e di volere».
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