by Sergio Segio | 28 Settembre 2011 6:21
Ieri il Tesoro ha collocato otto miliardi di Bot semestrali a un tasso lordo del 3,071% (pari a un 2,28% al netto di Fisco e commissioni bancarie), mentre per il Bot «flessibile» (la riapertura del trimestrale con 73 giorni di vita, fino al 15 dicembre) chiesto a gran voce dalle tesorerie delle banche, il rendimento balla intorno all’1,8%. Sempre ieri è arrivato sul mercato il Ctz, il biennale senza cedola, che scade nel 2013 offrendo il 4,511% lordo (3,9 netto). In tutti i casi la domanda è stata ben superiore all’offerta — un dato fondamentale per la credibilità dell’Italia — ma i rendimenti elevati, che stabiliscono nuovi record rispetto all’estate del 2008, misurano la febbre dell’emergenza. Basta fare un paragone con la Spagna, che fino a qualche mese fa pagava un premio più caro di quello italiano rispetto ai bund tedeschi e che oggi ci ha superato a sinistra. L’asta semestrale di Madrid, contemporanea alla nostra, si è chiusa con rendimenti lordi del 2,7%, vale a dire trenta centesimi in meno di quelli pagati qui.
Concedere fiducia all’Italia a breve termine (da tre mesi a due anni) oggi dunque rende da poco più di uno a quasi il 4%. Ne vale la pena? Tutti vorremmo rispondere di sì. Intanto, a suon di promozioni, si è scatenata la competizione dei salvadanai online, offerti da banche italiane e straniere. Quegli stessi istituti che sono i primi investitori dei titoli di Stato in euro e che soffrono tutte le volte che l’ansia da debito sale. Nel giro dell’estate i depositi vincolati accessibili dalla Rete sono aumentati anche di mezzo punto percentuale, arrivando a toccare, se si considerano le scadenze 12-18 mesi, quel 4% lordo, sfondato ieri dal Ctz biennale. Fin qui il carpe diem, perché comprare Bot e tenere i soldi sul deposito on line non vuol dire investire. Vuol dire parcheggiare, cercando di tener fuori dal recinto l’inflazione (2,8%).
L’altro capitolo è quello dell’investimento in Btp e Cct, i titoli con vita più lunga che richiedono un impegno compreso tra tre e trent’anni. I rendimenti dei Btp oggi oscillano tra il 4,6% lordo delle scadenze 2015 al 6,4% di quelle trentennali. La decennale, quella che si utilizza per misurare la nostra virtù appannata rispetto alla Germania, ieri sul mercato rendeva il 5,5%, oltre 360 punti in più di quanto pagava Francoforte per i suoi Bund 2021. Oggi il Tesoro dovrebbe piazzare il Btp legato all’inflazione, mentre domani, 29 settembre, si aprirà un’asta decisamente più impegnativa, dopo la bocciatura di S&P per il nostro debito. In offerta i Btp brevi (tre anni) e lunghi (dieci anni), oltre ai Cct quinquennali legati al tasso Euribor e non più al Bot semestrale, che oggi si comprano a 88,5 e rendono un 5,7%.
Che cosa fare? Avere in portafoglio solo titoli italiani non è consigliabile. Ma arrivare al 15-20%, prediligendo magari le scadenze non molto lunghe (tre-cinque anni), consente di inseguire un rendimento fuori dal bunker tedesco (sicuro, ma pari a poco più di zero), senza alzare troppo la posta del rischio. Anche se per definire il rischio, oggi, bisogna rivedere molte certezze passate.
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