Bertone richiama i politici ai principi Ma la Chiesa evita il «colpo di grazia»

by Sergio Segio | 19 Settembre 2011 6:45

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CITTà€ DEL VATICANO — «Testimoni di coerenza tra i principi, la vita spirituale che praticano, e i comportamenti». L’indicazione del cardinale Tarcisio Bertone ai «laici cristiani» richiama un celebre intervento di Benedetto XVI a Cagliari «nel settembre 2008», ricorda il suo segretario di Stato: l’appello per una «nuova generazione di laici cristiani impegnati» nella società  e in politica con «competenza e rigore morale», scandisce. Tra l’altro il cardinale Bertone cita come modelli di comportamento «Bachelet e Livatino», due figure esemplari di giuristi e magistrati, persone che «hanno pagato con il proprio impegno, la sofferenza e la vita le loro scelte di fede». Ed è chiaro che le sue parole, rivolte ai tanti giovani che affollano, a Verona, il primo «festival della dottrina sociale» della Chiesa, suonino di particolare attualità , anche se il richiamo alla «coerenza» è ricorrente.
Nessun riferimento diretto alle intercettazioni di Bari e a Berlusconi, chiaro. Un po’ per il fatto che la Chiesa «non è un agente politico», come disse Ratzinger, «ed interventi di questo tipo sono impensabili sotto questo pontificato, il meno politico dei tempi moderni», dicono in Vaticano: «La Santa Sede cura i rapporti con gli Stati. Nel mondo politico c’è chi spera in spallate al governo e magari a parti inverse griderebbe all’ingerenza. Ma queste cose spettano alla Chiesa o, piuttosto, al Parlamento italiano?». E un po’ perché «a questo punto» ogni intervento sui comportamenti «obiettivamente indifendibili» del premier suonerebbe come un «colpo di grazia» inferto dalla Chiesa e verrebbe «strumentalizzato politicamente».
«A questo punto». Le stesse ipotesi estive sulle scelte politiche dei cattolici dimostrano se non altro una cosa: sia nella Santa Sede sia nella Cei è diffusa da mesi, almeno dalla vigilia delle amministrative, la percezione del crepuscolo berlusconiano. La Chiesa, con realismo secolare, sta pensando da tempo al «dopo». Quanto al premier, la situazione è «imbarazzante e sgradevole» ma non sorprende: «Non si scopre nulla di nuovo, purtroppo». Oltretevere c’è chi, ai piani alti, allarga le braccia: «Ciascuno può valutare con i suoi criteri di credibilità  morale e umana».
Non è un mistero che i vertici ecclesiastici si siano sentiti più garantiti dal centrodestra nella difesa di valori etici «non negoziabili». Ma anche tra i vescovi della Chiesa italiana, che pure si sono divisi, lo sconcerto e il disagio per «la troppa indulgenza» sono andati crescendo, «rischiamo di pagarla». Pur se pochi si sono esposti, come fece l’arcivescovo teologo Bruno Forte sul caso Ruby: «Se questa gravissima violazione della dignità  umana fosse accertata, Berlusconi dovrebbe fare un passo indietro». Dopo il viaggio del Papa in Germania, lunedì 26, il cardinale Angelo Bagnasco parlerà  al consiglio permanente della Cei, una prolusione molto attesa. Ma la linea del presidente dei vescovi è quella indicata nel settembre 2009 e ripetuta al consiglio Cei di Ancona, a gennaio: «Chiunque accetta di assumere un mandato politico deve essere consapevole della misura e della sobrietà , della disciplina e dell’onore che esso comporta, come anche la nostra Costituzione ricorda all’articolo 54», aveva ricordato. Salvo aggiungere, sulla magistratura: «Qualcuno si chiede a che cosa sia dovuta l’ingente mole di strumenti d’indagine». Resta la preoccupazione per un Paese in crisi nel quale «i poteri si tendono tranelli». E l’esortazione del cardinale Giovanni Battista Re al recente congresso eucaristico di Ancona: «La politica ha bisogno oggi più che mai d’un colpo d’ala che porti ad un reale rinnovamento nell’onestà , rettitudine morale, giustizia e solidarietà ».

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