Bersani, Camusso e Landini: la Fiat chiude e basta

by Sergio Segio | 15 Settembre 2011 7:15

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Scade stanotte, in discussione sono richieste di miglioramenti salariali per i nuovi assunti dopo la bancarotta del 2009 (oggi prendono la metà  degli altri operai), ma anche più sicurezza sul lavoro e minori costi per le spese sanitarie. Il sindacato Uaw potrebbe non chiudere e far slittare le trattative sia con Chrysler che con Gm, come è già  accaduto con Ford.
Ma intanto il progetto da Marchionne chiamato «Fabbrica Italia», che prevede il rilancio del gruppo con una produzione nel paese più che raddoppiata entro il 2014, sembra una favola. Ieri ha deciso di abbandonare al suo destino la fabbrica di autobus in Campania, Irisbus, dopo che l’unica proposta di acquisizione da parte della DR Motor è stata ritirata. L’azienda, secondo il Lingotto, verrà  chiusa. Perché il mercato di bus non c’è, dicono a Torino, né si vedono nemmeno all’orizzonte quegli investimenti pubblici per il rilancio della mobilità  con i quali Fiat potrebbe forse fare marcia indietro. Dal governo, Marchionne ha chiesto, ottenuto e rivendicato l’articolo 8 nella manovra, un provvedimento che mette al riparo dalla legge con valore retroattivo i nuovi contratti per Pomigliano e Mirafiori. Dallo stesso governo, il manager non ha avuto nulla sul piano per la mobilità  (che permetterebbe per esempio il rinnovo del parco autobus) e allora ha deciso di scaricare sulla collettività  i costi della chiusura dell’impianto avellinese. Stessa cosa con la fabbrica di Termini Imerese in Sicilia, giudicata diseconomica. Dimenticando (o forse no) che le due fabbriche sono nate a loro tempo proprio grazie ad aiuti di stato.
«Il piano Marchionne ha prodotto finora solo tre stabilimenti chiusi: Modena, Termini e ora Avellino», accusa il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani. «Il governo si fa ringraziare da uno che l’unica cosa che ha fatto è chiudere due stabilimenti», dice il segretario generale della Cgil Susanna Camusso, commentando le parole dell’amministratore delegato della Fiat sull’art.8 della manovra. «Una cosa che invece l’ad della Fiat non ha detto – sostiene la Camusso – è quale piano industriale ha e quali produzioni vuol continuare a fare in Italia. Sappiate che la partita sull’articolo 8 non è finita ma continua perché noi azienda per azienda e territorio per territorio continueremo la lotta per riconquistare nelle fabbriche e nel paese un sistema di relazioni sindacali». «Nessuno si illuda – ha aggiunto – che si possa accettare questa manovra e le norme inique introdotte perché non sarà  cosi. Noi al nostro futuro ci teniamo».
«Purtroppo gli effetti del piano Fabbrica Italia della Fiat sono migliaia di posti di lavoro a rischio», incalza il segretario generale della Fiom, Maurizio Landini, commentando i casi di Irisbus-Iveco (Fiat Industrial) e di Termini Imerese. «Il governo farebbe bene a intervenire visto che si sta distruggendo una parte del sistema industriale». Per il responsabile auto della Fiom, Giorgio Airaudo, «da quando c’è Fabbrica Italia si chiudono le fabbriche più che aprirle».

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CONTESTATA A PERUGIA
La presidente della Confindustria bloccata in auto dai militanti della Cgil

 Si sono sdraiati per dieci minuti davanti alla sua auto, impedendo l’accesso all’Assemblea della Confindustria di Perugia. Un folto gruppo di militanti della Cgil ieri ha deciso di contestare in questo modo l’arrivo della presidente degli industriali, Emma Marcegaglia, davanti all’auditorium Figc del capoluogo umbro. I manifestanti si sono alzati dopo una decina di minuti applaudendo ironicamente e permettendo il passaggio dell’auto. Al presidio, organizzato dalle Cgil regionale dell’Umbria e dalla Camera del lavoro di Perugia, partecipavano operai di aziende locali in crisi: dai dipendenti della Antonio Merloni di Nocera Umbra, che indossavano una maglietta con lo slogan «dignità  e lavoro», a quelli della Basell, dalla Thyssen di Terni fino alla Trafomec di Tavernelle, la Sirap-Gema di Corciano e la Ims di Spoleto. La Cgil umbra ha voluto il presidio anche come occasione per ribadire il no alle norme sulla contrattazione inserite nella manovra finanziaria: «Deve essere chiaro a tutti – sottolinea un volantino – che occorre cancellare l’articolo 8 della manovra che è gravemente lesivo della contrattazione e dei diritti dei lavoratori». «Più che proteste, più che atti dimostrativi, bisogna lavorare, ognuno per la sua parte, e riprendere a crescere – ha commentato dal canto suo la presidente di Confindustria rispondendo ai giornalisti alla fine del suo intervento all’Assemblea generale umbra – Noi abbiamo firmato un accordo molto importante il 28 giugno con la Cgil, a cui terremo totalmente fede: l’accordo è nella logica che nei momenti difficili bisogna lasciare da parte le cose che dividono e mettere sul campo le cose che uniscono».

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