Basta sconti sulle tasse ai ricchi Obama sfida i repubblicani

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NEW YORK — Il piano per il lavoro da 447 miliardi proposto la settimana scorsa da Barack Obama davanti al Congresso, riunito in seduta comune, verrà  finanziato con quelle che nelle sintesi giornalistiche vengono in genere definite «tasse sui ricchi». In realtà  il meccanismo descritto ieri dal direttore del Bilancio della Casa Bianca, Jack Lew, e inserito ieri a tarda sera nella proposta di legge trasmessa al Parlamento è una riduzione delle detrazioni fiscali oggi concesse ai contribuenti per vari tipi di spese, come gli interessi pagati sul mutuo-casa.
Questi limiti verranno applicati solo alle famiglie con un reddito annuo superiore ai 250 mila dollari e ai single che guadagnano più di 200 mila dollari. Ciò, almeno, nelle intenzioni del presidente, visto che misure di questo tipo sono già  state proposte e respinte più volte dai repubblicani che le considerano recessive perché — dicono — tassare i ricchi significa togliere l’incentivo a produrre di più e a creare più occasioni di lavoro da parte delle persone più dinamiche sul piano economico: gente che, in genere, è benestante.
La Casa Bianca esclude che le sue proposte fiscali possano frenare l’attività  produttiva: togliere qualche detrazione ai manager degli hedge fund per finanziare la «job creation» non rallenterà  di certo l’economia, ha sostenuto lo stesso Lew. E comunque, per non aumentare il prelievo in un momento difficile per l’economia, le nuove norme fiscali entrerebbero in vigore solo nel 2013. L’imprevista sortita della Casa Bianca rischia, però, di rompere un delicato equilibrio. Stavolta il nuovo piano di stimoli per l’occupazione di Obama non aveva provocato la temuta levata di scudi da parte dei conservatori: i leader repubblicani avevano promesso un atteggiamento costruttivo in Parlamento, affermando di condividere alcune delle proposte del presidente. Ora, però, l’improvvisa definizione di un meccanismo di copertura finanziaria del provvedimento basato su un aumento del prelievo fiscale offre loro l’occasione per cominciare a ridurre l’apertura al dialogo: il numero due dei conservatori alla Camera, il «duro» Eric Cantor, ha già  detto di non poter credere che il presidente voglia tornare a soluzioni tutte basate sull’aumento delle tasse. Più cauto ma ugualmente critico il leader conservatore John Boehner: ha evitato di esporsi in prima persona, ma ha fatto dire al suo portavoce, Brendan Buck, che «aumentare le tasse su chi crea posti di lavoro è il tipo di interventi che non solo i repubblicani, ma anche i democratici in passato hanno scoraggiato. Ribadiamo il nostro impegno a lavorare insieme per favorire una ripresa dell’occupazione, ma la proposta della Casa Bianca non corrisponde a quello spirito bipartisan che pure viene continuamente invocato».
In realtà  nella proposta del presidente c’è ben poco di nuovo: l’aumento del prelievo fiscale sui ricchi era già  nel programma elettorale del leader democratico che negli ultimi due anni ha anche provato più volte a eliminare i privilegi di cui godono l’industria petrolifera e altri settori industriali e finanziari non particolarmente bisognosi di sostegno. La settimana scorsa, presentando il suo piano per i lavoro, aveva detto chiaramente che avrebbe dovuto essere coperto anche col ricorso al fisco. Ma aveva fatto riferimento a un quadro più generale: quello della riduzione strutturale del debito pubblico che deve essere individuata dalla Commissione bipartisan appena nominata dal Congresso. L’organismo al quale il presidente ha promesso di mandare lunedì prossimo una sua proposta con l’obiettivo di ridurre di circa 2.000 miliardi di dollari in dieci anni il volume del debito federale: i 1.500 «affidati» dal Congresso alla «supercommissione», più i quasi 500 (447 per l’esattezza) del piano per il lavoro.
In quella circostanza Obama aveva avvertito i democratici che, se alla destra verrà  chiesto di togliere il veto sulle tasse, la sinistra dovrà  rinunciare al tabù della spesa sociale: per risanare la finanza pubblica sarà  necessario rivedere anche Medicare e Medicaid, la sanità  pubblica per anziani e poveri e, forse, anche le pensioni della Social Security. La sorpresa sta bel fatto che ora la Casa Bianca ha deciso di anticipare un pezzo di questa proposta, probabilmente perché era necessario indicare una concreta copertura finanziaria per le spese del piano per il lavoro trasmesso ieri notte al Congresso. Un atto amministrativo arrivato qualche ora dopo un breve quanto coreografico discorso del presidente che, circondato alla Casa Bianca dai lavoratori delle categorie beneficiate dalla sua legge, ha mostrato agli americani il fascicolo del provvedimento, invitando il Parlamento con enfasi un po’ populista ad approvarlo subito, senza alimentare un scontro politico-elettorale tra i partiti anche su un tema così delicato e vitale per il futuro del Paese.


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