Atene, bancarotta soft in quattro mosse per evitare il contagio e la fine dell’euro

by Sergio Segio | 24 Settembre 2011 13:06

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NEW YORK. IL GOVERNATORE della banca centrale olandese ha spezzato per primo il tabù, parlando apertamente di un default della Grecia: bancarotta di Stato. Quello che finora era uno scenario dei mercati, diventa così un’ipotesi di lavoro per le istituzioni che governano l’eurozona. Ma come ci si arriverebbe, con quali costi per i creditori (noi compresi)? E l’Italia è davvero “la prossima della lista”, se cede l’euro- diga che protegge Atene? Queste sono domande all’ordine del giorno per i leader economici mondiali riuniti a Washington all’assemblea del Fondo monetario, per i governi e le banche centrali, per i protagonisti della finanza che spostano risorse sui mercati.
Incrociando le proposte di George Soros, quelle di Nouriel Roubini, con le proiezioni del Credit Suisse, si può costruire un percorso realistico per l’uscita dallo stallo attuale. Perché di questo ormai si sono convinti in molti: lo pseudo-salvataggio della Grecia in realtà  è una soluzione altamente instabile, destinata a saltare sotto la pressione degli eventi. Continuare a tergiversare può portarci verso lo scenario più catastrofico: un default “disordinato”, non gestito, con effetti a catena e la fine dell’unione monetaria. Ecco i costi di un simile disastro secondo l’ufficio studi Credit Suisse: 300 miliardi di euro di perdite per le banche del nocciolo duro franco-tedesco, 150 miliardi di perdite per la Bce, 630 miliardi di perdite per gli istituti di credito dei paesi alla periferia dell’eurozona. Poiché questi buchi andrebbero ripianati, il costo si spalmerebbe su tutte le economie e l’impatto potrebbe essere un crollo del 9% del Pil nell’eurozona. Più una guerra commerciale (dazi, barriere doganali) nell’ipotesi di svalutazioni selvagge dell’ordine del 50% nei paesi usciti dall’euro. Un quadro più che convincente per spingere verso l’ipotesi della soluzione “ordinata”: i cui costi per le banche si situerebbero in una zona intermedia fra quelli che stanno sopportando adesso (sulla carta, troppo limitati) e quelli dello scenario-catastrofe.
Il percorso futuro non può somigliare allo status quo attuale. Questo è insostenibile, come spiega George Soros, per due ragioni: «Perché non sono stati fatti preparativi per un default e l’uscita dall’eurozona della Grecia; e perché il fondo di salvataggio European Financial Stability Facility (Efsf) non è autorizzato a praticare prestiti a tassi agevolati a Italia e Spagna». Questi due “buchi” vistosi nella rete di protezione dell’eurozona generano sfiducia, quindi attacchi speculativi. Soros ne sa qualcosa visto che in passato fu lui a individuare per primo delle “falle” sistemiche, lanciando attacchi vittoriosi contro il Sistema monetario europeo nel 1992 (al termine del quale ne uscirono lira e sterlina) e contro le valute asiatiche nel 1997. Oggi però il gestore di hedge fund semi-pensionato vuole mettere la sua esperienza al servizio dei governi europei, per scongiurare esiti disastrosi che secondo lui possono portare verso “un’altra Grande Depressione”. La prima, lui la ricorda fin troppo bene: fu quella che portò i nazisti al potere in Germania, l’occupazione della sua Budapest, le persecuzioni contro gli ebrei che lo costrinsero a fuggire.
Lo status quo è insostenibile, aggiunge Roubini che fu il primo a prevedere la crisi del 2007, perché «la Grecia si avvita in una spirale infernale di insolvenza, bassa competitività , depressione, con un debito pubblico destinato a salire oltre il 200% del Pil». Per uscirne l’unica strada rapida – non per questo indolore – è la svalutazione, cioè il ritorno alla dracma. E’ quel che consentì all’Argentina di riprendersi dopo la bancarotta; ma è anche la strada imboccata dagli Stati Uniti di Franklin Roosevelt nel 1933 con la svalutazione del dollaro e l’abbandono del Gold Standard. Come far sì che la bancarotta e l’uscita della Grecia dall’euro avvengano in modo “ordinato”? Soros indica quattro misure, precisando che andrebbero applicate anche a Portogallo e Irlanda, se destinati a uscire dall’euro anche loro. «Primo, per prevenire un collasso di tutto il credito, bisogna proteggere i depositi bancari. Se un euro depositato in una banca greca diventasse irrecuperabile per il correntista, scatterebbe il dubbio sul valore degli euro depositati nelle banche italiane, ci sarebbe l’assalto agli sportelli. Secondo, alcune banche nei paesi che fanno default vanno tenute in stato di funzionare. (Questo può imporne la nazionalizzazione, ndr). Terzo, tutto il sistema bancario europeo va ricapitalizzato e sottoposto a una vigilanza centrale, non più nazionale. Quarto, i titoli del Tesoro degli altri paesi fragili (come l’Italia, ndr) vanno protetti dal contagio. Il che significa, per rassicurare la Germania, la creazione di un Tesoro europeo con facoltà  di prelevare tasse».
Roubini indica un corollario delle quattro misure di Soros. Da una parte «ci vorrebbero delle chiusure forzose delle banche in Grecia e l’imposizione di controlli sui movimenti di capitali». Anche questo riconduce all’esperienza della Grande Depressione, quando Roosevelt usò l’eufemismo del “bank holiday” (vacanza bancaria) per chiudere d’autorità  gli sportelli ed evitare l’assalto dei depositanti. Roubini insiste poi perché l’eurozona dia sostegno ai “paesi che non sono insolventi ma possono diventare illiquidi, come Italia e Spagna, perché in mancanza di liquidità  potrebbe scattare una fuga dai loro debiti pubblici”. Soros offre una spiegazione aggiuntiva, sul perché l’Italia può diventare la prossima della lista dopo la Grecia: la sentenza della Corte costituzionale tedesca crea un serio ostacolo contro l’allargamento degli aiuti Efsf dai piccoli paesi a quelli grandi. L’altra spiegazione, nella logica dei mercati, è di natura storico-politica. L’Italia ha avuto a lungo un modello di sviluppo trainato dalle svalutazioni competitive. Il giorno in cui l’uscita dall’euro diventasse praticabile grazie alla “cavia” greca, ragionano i mercati, le pressioni all’interno del sistema politico italiano per seguire la stessa strada diventerebbero formidabili.

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