Alfano blinda il Pdl: no a larghe intese

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ROMA — Lui non vuole dimettersi, il Pdl non ha intenzione — e comunque non saprebbe come — di scalzarlo da dov’è, la Lega pur scalpitante tiene ancora in piedi l’alleanza. Se questo è il quadro, si capisce come Angelino Alfano replichi a muso duro all’offerta avanzata da Pier Ferdinando Casini, quella di un governo di larghe intese senza Berlusconi.
«Il Pdl dice no alle larghe intese», assicura il segretario, spiegando che bisogna fare quadrato attorno al premier perché «non vogliono solo fare cadere lui, vogliono cancellare la nostra storia e la nostra presenza politica. Io come segretario, noi come dirigenti e voi come militanti dobbiamo dire che difenderemo Berlusconi, il governo e la nostra storia di 18 anni». Insomma, è l’annuncio, non esistono subordinate: «L’unica alleanza che può dare stabilità  al Paese è quella tra Berlusconi e Bossi», e «larghe intese» è solo «una perifrasi per dire “Berlusconi vada a casa”».
Travolti dalla bufera intercettazioni, in caduta libera nei sondaggi, consapevoli che ogni giorno potrebbe portare una nuova pena con relative secchiate di fango, i big del Pdl serrano le file e cercano di tenere a bada il dissenso diffuso nel partito. Dove ormai, come notano soddisfatti nell’Udc, non si dice più solo riservatamente che un passo indietro di Berlusconi sarebbe benedetto, ma lo si proclama anche in pubblico, da Pisanu a Pecorella. È poi nota la sofferenza dell’area scajolana, il cui leader anche recentemente ha ragionato con il premier (senza convincerlo) sull’opportunità  di considerare una via d’uscita all’impasse, che lo veda sempre protagonista del suo destino ma non da Palazzo Chigi, perché è chiaro — dicono in tanti nel Pdl — che «una stagione ormai è finita, e prolungarla ad ogni costo fa male a Berlusconi come a noi».
Ma il Cavaliere chiude ogni spiraglio, e dunque si pensa a come andare avanti. Per prima cosa cercando di blindare il partito (nel quale si registra l’ingresso dei Cristiano-popolari di Baccini) in vista del voto giovedì sulla richiesta di arresto per Milanese, che spaventa per le possibili sorprese che potrebbe riservare lo scrutinio segreto, ideale sfogatoio di antipatie, vendette, frustrazioni e rese dei conti. In secondo luogo, però, si pensa a rilanciare, per trovarsi preparati nel caso in cui Bossi decida in primavera di staccare la spina: «Dobbiamo lavorare sul debito, sulla crescita e sulle riforme, legge elettorale compresa», dice Fabrizio Cicchitto. Ed è la legge elettorale il grande tema che potrebbe dominare i prossimi mesi, facendo da cemento a possibili future alleanze.
Con il referendum sul Porcellum a portata di mano, infatti, tutti giurano che la Lega non resterà  a guardare: o si fa una legge che tutela anche chi eventualmente decida di correre in solitudine o la rottura potrebbe arrivare prima. E in effetti girano già  bozze per una sorta di Mattarellum con una quota maggiore di proporzionale e preferenze che potrebbe piacere anche all’Udc. Partito con il quale, al di là  dei proclami ufficiali, nel Pdl nessuno vuole perdere i contatti.


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