A Tarantini 800 mila euro dal premier

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NAPOLI — Collaborativi a modo loro, Gianpaolo Tarantini e sua moglie Angela Devenuto, interrogati ieri — separatamente — nel carcere di Poggioreale dal gip Amelia Primavera, hanno ammesso di aver ricevuto denaro da Silvio Berlusconi. Ma non hanno ammesso l’estorsione. Aiuti economici, concreti gesti di solidarietà  in favore di una famiglia ritrovatasi improvvisamente senza fonti di reddito. Ecco che cos’erano, secondo loro, i ventimila euro che dal presidente del Consiglio ricevevano mensilmente per le spese ordinarie sin dal settembre del 2010. Versamenti che sono andati avanti fino ad agosto, e che sommati ai 500 mila euro pagati da Berlusconi in un’unica soluzione (sui quali poi Valter Lavitola — il direttore dell’Avanti coimputato di Tarantini e Devenuto — avrebbe fatto una cresta di 400 mila euro) e a qualche altro versamento extra, porterebbe a circa 800 mila euro la cifra sborsata in un anno dal capo del governo per aiutare l’uomo che prima di finire in guai giudiziari (è imputato a Bari per sfruttamento della prostituzione), procurava le escort per le feste del premier a Roma e in Sardegna.
Il giudice Primavera e i pm Piscitelli, Curcio e Woodcock (presenti ai due interrogatori di garanzia) se la sono sentita ripetere molte volte la storia della generosità  di Berlusconi. Sulla quale i due imputati (che ieri «si sono giurati amore eterno», come hanno spiegato i loro legali) hanno insistito tanto da sfiorare involontariamente il ridicolo. Come quando Tarantini, sollecitato dai magistrati a essere più chiaro invece di dire soltanto che «Berlusconi aiuta tutti», si è messo a fare l’elenco dei beneficiati: «Ruby, Lele Mora…», e avanti così, con tutti nomi che riportano a storie diventate oggetto di indagini giudiziarie.
Eppure il futuro dell’inchiesta della Procura di Napoli in cui il premier è la parte lesa si gioca tutto lì, sul motivo che lo ha spinto a destinare tanti soldi a Tarantini. Perché che i pagamenti ci siano stati ormai lo hanno ammesso tutti. Ma tutti negano che siano il prezzo di un’estorsione. Il primo è stato lo stesso Berlusconi nelle dichiarazioni riportate la scorsa settimana da Panorama, il settimanale di sua proprietà  che ha anticipato i dettagli dell’inchiesta provocando l’apertura di una indagine per fuga di notizie, ma soprattutto un’accelerazione dell’attività  dei magistrati di fronte al rischio che gli indagati si organizzassero per sottrarsi alle loro responsabilità . Ovviamente la tesi del premier è quella dell’aiuto a un amico in difficoltà . Mentre non si sa se ha aggiunto altre spiegazioni la segretaria di Berlusconi Marinella Brambilla, ascoltata venerdì come teste, ma anche lei ha ammesso il passaggio di denaro contante, che più volte le era capitato di consegnare a un emissario di Lavitola, dopo aver preso con quest’ultimo accordi telefonici.
Ora sull’atto di generosità  insistono Tarantini e sua moglie, assistiti dagli avvocati Alessandro Diddi e Ivan Filippelli (lei ieri ha ottenuto i domiciliari). E aggiungono che se qualcuno ha agito in malafede, questo sarebbe stato Lavitola, dal quale i due dicono di essere stati utilizzati «per approfittare di Berlusconi».
Nei giorni scorsi Tarantini aveva preparato una memoria che ieri ha fatto da filo conduttore alle sue risposte per cercare di convincere i giudici di non aver mai ricattato Berlusconi. Che, sostiene l’indagato, lo aiutava perché lui deve far fronte a molti impegni familiari. Poi Tarantini racconta di come Lavitola gli facesse da filtro con Berlusconi, con il quale per due anni non avrebbe avuto contatti diretti. Fino a due incontri piuttosto recenti: il primo ad Arcore a marzo, quando gli avrebbe chiesto i cinquecentomila euro («per avviare una nuova attività  imprenditoriale»), e l’altro agli inizi di agosto a Roma, a Palazzo Grazioli. In quest’occasione Tarantini avrebbe chiesto scusa al premier per aver dubitato di lui, credendo che non gli avesse dato i 500 mila euro promessi, mentre invece il pagamento c’era stato ma Lavitola lo aveva trattenuto.


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IGOR MARINI CONDANNATO. Dieci anni di reclusione, 15 mila euro di multa e un milione tondo tondo da rendere brevi manu (contanti, grazie) alle parti offese. Detta così sembra un’ordinaria storia di governo Berlusconi (bye, bye…), e invece è la conclusione di una straordinaria storia di governo Prodi, e chi si porta a casa il malloppo, in anni di galera e multe da pagare è Igor Marini. Gli bastò accusare il Gotha del centrosinistra di aver intascato una tangente per la vendita di Telekom Serbia per diventare una specie di eroe nazionale della destra.

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