A Lampedusa riprendono gli sbarchi il sindaco: “Non fateli scendere qui”
LAMPEDUSA – Le note della banda e i fuochi d’artificio salutano per tutta la giornata i C-130 dell’aeronautica che “liberano” l’isola ma l’orizzonte dice che l’assedio non è finito. Nel centro di accoglienza semidistrutto sono rimasti ormai in duecento quando, alle cinque del pomeriggio, un aereo della Guardia di finanza avvista un altro barcone in arrivo. Sono una sessantina, ancora tunisini. E il miraggio di una Lampedusa svuotata per sempre dai migranti sembra traballare nonostante le parole rassicuranti del sindaco De Rubeis che, in prima fila dietro la vara con la Madonna di Porto Salvo nella processione per la festa della Santa Patrona, dice: «Maroni mi ha garantito che saranno portati direttamente a Porto Empedocle. Qui a Lampedusa non sbarca più nessuno». L’indirizzo politico espresso dal ministro dell’Interno però non ha ancora uno sbocco operativo e la motovedetta partita da Lampedusa non ha ricevuto ordine di fare rotta verso la terraferma.
Sessanta ne arrivano e più di cinquecento ne sono partiti grazie ad un ponte aereo formidabile. È il giorno della pacificazione nell’isola che, 24 ore dopo le scene di guerra tra lampedusani, immigrati e polizia, chiude le porte, almeno teoricamente, ai viaggi della speranza. Dopo l’incendio che ha semidistrutto il centro di accoglienza e per il quale la Procura di Agrigento ha fermato undici tunisini individuati grazie alla collaborazione di altri due maghrebini, Lampedusa non è più considerato “porto sicuro”. Il questore di Agrigento Giuseppe Bisogno conferma: «Il nostro obiettivo è quello di far partire tutti i migranti ma anche quello di chiudere il centro». D’ora in avanti, dunque, nessun barcone intercettato e salvato nel canale di Sicilia in acque di competenza italiana dovrebbe essere più scortato a Lampedusa ma direttamente sulla terraferma. A Lampedusa restano però 140 minori non accompagnati, ospitati nella ex base Loran. Di loro non si sa bene cosa fare e resteranno lì non poco visto che nelle comunità a loro destinate in giro per l’Italia sembra non ci siano posti disponibili.
Ma l’emergenza immigrazione che per 48 ore ha messo a ferro e fuoco Lampedusa non è affatto finita e rischia solo di cambiare scenario. Perché i circa 600 tunisini evacuati da Lampedusa sono finiti tutti a Palermo dove sono stati trasferiti a bordo di due navi ormeggiate in porto. E lì dovrebbero restare in attesa di essere rimpatriati a scaglioni di 50 alla volta come prevede il nuovo accordo stipulato a Tunisi qualche giorno fa da Maroni. Soluzione, quella di tenere chiusi 800 tunisini dagli animi caldi in due navi trasformate in centri di accoglienza galleggianti, che in molti tra gli addetti ai lavori considerano un’altra bomba ad orologeria pronta ad esplodere. E questa volta nel porto di una grande città .
Soddisfatti del rapido svuotamento del centro, i lampedusani ieri hanno potuto dedicarsi alla celebrazione della loro santa patrona. A sancire la pacificazione tra lampedusani e immigrati, la presenza del vescovo di Tunisi. «Ai tunisini dico di non sputare nel piatto in cui si mangia perché in quest’isola hanno avuto sempre accoglienza, ma non tocca a noi giudicare né i tunisini che sono pronti a tutto per una vita migliore né i lampedusani che portano sulle loro spalle un peso troppo pesante per loro».
Related Articles
Cameron: «Taglierò il welfare agli immigrati»
Piano anti-europei di Cameron: benefit ridotti, rimpatrio per i disoccupati Una mossa per contenere l’Ukip. Ma il premier si è consultato con Merkel
Lotto marzo inventa lo sciopero globale
Non una di meno. Cortei e assembleee, nelle strade e nelle scuole, negli ospedali e nelle università
Uganda: ergastolo agli omosessuali “recidivi”
Foto: Internazionale.it
Nel corso degli ultimi anni era cresciuta la speranza dei gay ugandesi di difendere i propri diritti in un Paese preda dell’omofobia, arrivando addirittura a sfidarla apertamente nel 2012 con il primo Gay Pride. In realtà essere gay in Uganda potrebbe ancora voler dire l’ergastolo.