A Bruxelles l’Italia ormai è un caso “Ora le riforme, i mercati non aspettano”
ROMA – La Commissione europea parte in pressing sull’Italia. Il suo portavoce lo dichiara pubblicamente. Bruxelles giudicherà la seconda manovra del governo Berlusconi con un occhio alla riduzione del deficit e uno alla crescita. «Ci aspettiamo che gli obiettivi di bilancio non siano rimessi in discussione». Un modo diplomatico per dire che Roma non può sgarrare di un centesimo rispetto ai 45 miliardi promessi per anticipare l’azzeramento del deficit al 2013. Fatto sul quale tra Bruxelles, Francoforte e le capitali Ue a questo punto in molti iniziano nutrire dubbi. Poi viene il capitolo ancora più dolente, quello del Pil. «Siamo fiduciosi che misure strutturali destinate a sostenere la crescita nel decreto avranno un peso maggiore. Sarà uno dei punti sul quale faremo particolare attenzione nel giudicare la manovra». Nel felpato linguaggio delle istituzione europee vuol dire: fate le riforme o andate a sbattere contro un muro. Quello dei mercati.
In tutta Europa si guarda a Roma con grande apprensione. Chi tra Commissione e Bce segue il dossier Italia in queste ore confessa tutto il suo smarrimento. «Sulla manovra italiana c’è una tale confusione che non riusciamo a capire cosa stia succedendo, nemmeno tramite i canali istituzionali». Un ministro delle Finanze di un Paese rigorista denuncia tutta la sua «preoccupazione» per l’operato del governo. Sui tempi («siamo tutti perplessi») e sui contenuti della manovra: «Ci fanno sapere che punteranno sulla lotta all’evasione ma sono dieci anni che ce lo dicono e non si sono mai visti risultati. E poi il gettito dal recupero del nero è per definizione difficile da preventivare».
Tale è l’allarme che il presidente della Commissione Ue, Josè Manuel Barroso, ha convocato per oggi i vertici del Pdl al Parlamento europeo. Anche lui vuole capire cosa stia succedendo. Il pressing di Bruxelles e Francoforte è dunque partito. «Non siamo tranquilli», spiegano dietro rigoroso anonimato dalla Bce, «i mercati non aspettano», si è già visto che quando partono fermarli è difficile. È anche una questione di credibilità , si sottolinea, e l’opinione diffusa è che quella del governo in questo momento stia sprofondando. «Li metteremo alle strette», dicono dalle stanze dei bottoni dell’Europa che conta. Già sabato a Cernobbio il presidente dell’Eurotower, Jean Claude Trichet, potrebbe partire alla carica. Ci sta pensando, il suo ruolo gli impone la massima neutralità nei confronti dei governi, ma in questo caso una spallata potrebbe essere vitale per evitare una nuova falla nel cuore dell’euro. «Noi la nostra parte l’abbiamo fatta comprando i titoli di Stato italiani, ora tocca al governo dimostrare di essere all’altezza della situazione», è il pensiero dei piani alti della Bce. Insomma, blindate i numeri e fate le riforme.
Un leit motiv che si rincorre in tutte le cancellerie d’Europa. E poco importa se ieri i mercati siano andati discretamente, con lo spread tra Btp e Bund rimasto ad alta quota, anche se sotto i 300 punti (293), e Piazza Affari in attivo (Ftse Mib +3,02%, All Share +2,99%). Già , perché i guai sono dietro l’angolo. A Bruxelles sanno che i dati in elaborazione sulla produzione industriale in Europa sono pessimi. Ecco perché tutti i governi si devono far trovare pronti alle prossime ondate della finanza. L’altro ieri in un seminario a porte chiuse della Commissione Ue il responsabile per l’Economia, Olli Rehn, ha detto: «Le decisioni prese dall’Italia sono importanti, la scelta di arrivare già nel 2013 al pareggio di bilancio è apprezzabile ma bisogna attuarla. È inoltre indispensabile che il governo acceleri sulla crescita con riforme strutturali». Concetti sui quale l’Europa martellerà sperando di avere risultati. E ieri pomeriggio il vicepresidente della Commissione, Antonio Tajani, è stato visto a Palazzo Chigi. Facile immaginare che sia stato ambasciatore di messaggi urgenti da Bruxelles.
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