44,5 milioni a spasso In Italia è precario il 46,70% dei giovani

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Tanto più che anche prima della crisi la creazione di posti era anemica nei principali Paesi. I grandi perdenti della crisi occupazionale sono i giovani (disoccupazione al 17% in media nell’area Ocse tra i 15-24enni contro il 7,5% dei 25-54enni e il 6,1% dei 55-64enni), i precari e i disoccupati di lungo termine, sottolinea l’Ocse. «Investire nei giovani sottolinea il rapporto – deve essere un obiettivo chiave per ottenere risultati economici e sociali di lungo termine. In un contesto di invecchiamento della popolazione, le economie Ocse semplicemente non possono permettersi i costi economici e sociali» di giovani che sono stati lasciati indietro.
A fronte di una situazione occupazionale globale estremamente grave, in Italia è, addirittura, drammatica, per quanto riguarda i giovani: a fine 2010, secondo l’Employment Outlook dell’Ocse, il 27,9% dei giovani tra i 15 e i 24 anni è disoccupato e il 46,7% di chi invece lavora ha un impiego temporaneo e quindi poco pagato. E le prospettive non sono certo brillanti: ieri la Bce ha parlato di crescita molto moderata nell’area euro e la Commissione europea ha tagliato le sue stime sulla crescita del prodotto interno lordo italiano a +0,7% nel 2011 rispetto al +1% ipotizzato nelle previsioni di primavera. Pessimista anche la Confindustria che ha ridotto le previsioni di crescita del Pil sia per l’anno in corso (0.7%) che per il 2012 (appena lo 0,2%).
Da notare – con riferimento al 46,7% di giovani che lavorano con un contratto precario, che questa percentaule è cresciuta di 9 punti dall’inizio della crisi, nel 2007. In forte crescita è anche il tasso di disoccupazione giovanile, balzato dal 20,3% del 2007 all’attuale 27,9%, di molto superiore alla media Ocse (16,7%). Il tasso di disoccupazione giovanile, riporta ancora lo studio Ocse, è più alto tra le donne, 29,4%, che tra gli uomini, 26,8%. Quanto al salario medio, in Italia nel 2010 è stato di 36.773 dollari contro una media dell’Ue a 21 di 41.100 dollari e dell’Eurozona a 15 di 44.904 dollari. Il salario medio italiano è superiore solo a quello di Spagna (35.031), Grecia (29.058) e Portogallo (22.003), ma inferiore a quello di Francia (46.365 dollari), Germania (43.352) e Gran Bretagna (47.645).
Un problema estremamente preoccupante in tutti i paesi è quello della disoccupazione di lunga durata: nei 34 Paesi membri, a fine 2010, il 48,5% dei disoccupati era senza lavoro da almeno 6 mesi (contro il 41% dell’anno precedente) e il 32,4% da almeno 12 mesi, contro il 24,2% del 2009. Per quanto riguarda l’Italia, i disoccupati senza lavoro da 6 mesi o più sono il 64,5% (in aumento di 3 punti percentuali rispetto al 2009) e quelli senza lavoro da un anno o più il 48,5% (4 punti percentuali in più rispetto al 2009). «Fasi prolungate di disoccupazione – sottolinea l’Ocse nel rapporto – sono particolarmente penalizzanti, perché aumentano il rischio di una marginalizzazione permanente dal mercato del lavoro».
Altro dato preoccupante riguada il part-time: in Italia rispetto al totale, il 76,9% sono donne. Le lavoratrici part-time rappresentano il 31,1% del totale delle donne occupate contro il 6,3% tra gli uomini. Il lavoro a tempo parziale (meno di 30 ore settimanali, secondo la definizione Ocse) rappresenta in Italia il 16,3% del totale dei posti di lavoro. Per l’Ocse, infine, in Italia il sistema fiscale e di welfare «gioca un ruolo minore nel proteggere le famiglie contro le conseguenze di grandi contrazioni del reddito da lavoro». Per gli italiani «grandi riduzioni del reddito da lavoro individuale (per esempio in caso di perdita del posto di lavoro) tendono a tradursi in contrazioni del reddito disponibile familiare superiori a quelle osservate negli altri Paesi Ocse».


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