by Sergio Segio | 20 Agosto 2011 8:13
MADRID — La vertigine dell’ontologia, il più complesso dei dialoghi di Platone: Benedetto XVI parla ai docenti universitari, il professor Ratzinger è nel suo elemento e cita il Parmenide, “«cerca la verità mentre sei giovane perché, se non lo farai, poi ti scapperà dalle mani», una frase a riassumere il senso della Gmg. In un mondo nel quale, come ha appena detto a 1.600 giovani suore, «si constata una sorta di “eclissi di Dio”, una certa amnesia, se non un vero rifiuto del Cristianesimo e una negazione dei tesori della fede ricevuta», il Papa contesta «la visione utilitaristica dell’educazione» e chiede alle università di formare persone che «cercano la verità in tutti i saperi», senza seguire la «logica del mercato» che «vede l’uomo come semplice consumatore». Un’ansia di comunicazione che emerge anche nel pranzo con dodici ragazzi: «Ci ha parlato delle nuove tecnologie, di Facebook, e ci ha detto che la Chiesa comunica da duemila anni e oggi deve esser presente anche sulla piazza virtuale, usando pure questi nuovi strumenti per annunciare il Vangelo», racconta il francese Olivier Richard, 25 anni.
Certo che non è facile, come quando ieri mattina, all’Escorial, il Papa si è chinato su un bimbo in carrozzina malato di cancro che lo aspettava per consegnargli una lettera: «Perché, se Dio è buono e onnipotente, permette che malattie come la mia colpiscano persone innocenti?». Benedetto XVI gli ha parlato, e ha annuito promettendogli che gli scriverà una risposta: «Non passate oltre la sofferenza umana, dove Dio vi attende perché offriate il meglio di voi stessi: la vostra capacità di amare e di compatire», spiegava ieri sera ai seicentomila giovani che hanno seguito con lui la Via Crucis in Plaza de Cibeles.
Oggi il Papa, per la prima volta alla Gmg, confesserà tre ragazzi la mattina e incontrerà la sera oltre un milione di giovani alla Veglia. Ma quella di ieri è una giornata che resterà . Sul fronte interno, in Spagna c’era grande attesa, più che per la visita alla famiglia reale e al colloquio privato con Juan Carlos, per l’incontro con il premier socialista Zapatero, il «laicista» che il quotidiano di sinistra El Pais accusava ieri d’essere andato «a Canossa» per aver voluto salutare il Papa, fuori programma, all’arrivo in aeroporto. Del resto Zapatero era già stato ricevuto in Vaticano un anno fa e da ultimo aveva salutato il Papa in novembre, a Barcellona. Ieri pomeriggio, come previsto — aveva chiesto udienza — Zapatero è andato alla nunziatura per quella che padre Federico Lombardi ha definito una semplice «visita di cortesia», senza un’agenda politica definita, l’ultima da premier: non si presenterà alle elezioni di novembre. Sorrisi, strette di mano, cinque minuti con il cardinale Bertone e un quarto d’ora assieme al pontefice. Si è parlato di temi internazionali, dalla situazione economica in Europa alle rivolte nel mondo arabo fino alla «drammatica crisi umanitaria nel Corno d’Africa», informa il governo: di qui l’appello perché le «autorità responsabili» mandino aiuti «il prima possibile».
Così le parole destinate a restare, come i discorsi di Ratisbona o al Collège des Bernardins, sono quelle rivolte da Benedetto XVI ai giovani docenti universitari: «Mi tornano alla mente i primi passi da professore all’università di Bonn: quando ancora si vedevano le ferite della guerra ed erano molte le carenze materiali, tutto veniva superato dal desiderio di dare risposta alle inquietudini ultime e fondamentali degli alunni». Oggi, però, una «società sgretolata e instabile» arriva a ritenere che università e docenti debbano «formare dei professionisti competenti» per «soddisfare la domanda del mercato», sospira il pontefice: e invece «i giovani hanno bisogno di autentici maestri, persone aperte alla verità totale nei differenti campi del sapere», sapendo che «l’insegnamento non è mai un’arida comunicazione di contenuti» e che «la stessa verità è sempre più alta dei nostri traguardi: possiamo cercarla ed avvicinarci ad essa, ma mai possederla totalmente». Per questo «l’umiltà è una virtù indispensabile: ci protegge dalla vanità che chiude l’accesso alla verità ».
Dopo che i seicentomila ragazzi erano sfollati dalla Via Crucis, ieri sera un migliaio di «indignados» è tornato a protestare alla stazione di Atocha («Que no, que no queremos Papa!»). Non avevano sentito l’invito di Benedetto XVI a «rimanere vicino ai meno favoriti», ai «più poveri e bisognosi», e le preghiere per «tutti coloro che soffrono senza colpa, le vittime dei genocidi, delle violenze, delle violazioni e abusi sessuali, dei crimini contro i bambini e gli adulti…».
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