by Sergio Segio | 2 Agosto 2011 6:16
ROMA – Sono pillole e compresse ma non hanno nulla a che fare con le medicine. Stanno in scatole dai colori accesi – arancioni, gialle, blu, verdi – sistemate nelle farmacie in espositori alti fino agli occhi. Totem di cartone fatti apposta per attirare i clienti che insieme alle martellanti campagne pubblicitarie si rivelano molto efficaci: ogni anno gli italiani spendono per gli integratori alimentari il 10% in più di quello precedente. Adesso siamo a 1 miliardo e 700 milioni di euro di fatturato.
Questi prodotti possono essere usati per problemi oculistici o per blande infezioni, per cercare di dimagrire o non avere l’ansia, ma anche per perdere peso o non perdere i capelli. Più generalmente vengono presi per tirarsi su, per stare bene, per superare un periodo di debolezza. Vitamine, sali minerali, fermenti lattici segnano ogni anno un incremento delle vendite ormai impensabile per i farmaci ma anche per i prodotti omeopatici o fitoterapici. La loro autorizzazione al commercio è molto più rapida di quella dei medicinali, basta una comunicazione al ministero. E così l’offerta cresce, per intercettare meglio la domanda ma anche per determinarla.
I prezzi sono piuttosto alti eppure ai consumatori gli integratori piacciono. Perché? Le ragioni del boom sono più di una. Da una parte la ricerca continua del benessere, che si scontra con una sempre maggiore attenzione dei dottori a prescrivere medicine. Comunque per stare bene una pasticca ci vuole, sembrano pensare in molti. «Ora c’è il boom degli integratori vegetali, che sfruttano la moda del naturale – dice Marco Mungai Nocentini, presidente Federfarma Toscana – Questi prodotti, che non costano niente al sistema sanitario, piacciono perché non hanno effetti collaterali e oltretutto spesso sono gli stessi medici a consigliarli. Inoltre sono finite tra gli integratori sostanze che un tempo erano farmaci da banco». Come il polase.
Negli Usa, dove l’impennata delle vendite risale a molti anni fa, si iniziano a chiedere se non si stia esagerando. Lo stesso acido folico, che ha una indicazione precisa per le donne incinte in quanto riduce i rischi di anomalie del sistema nervoso del nascituro, è finito sotto accusa perché in molte ne prendono troppo. «Non siamo a questo livello ma va fatta chiarezza su quando servono gli integratori – dice Giacomo Milillo, della Federazione dei medici di famiglia – Se prescrivo una terapia di antibiotici possono essere necessarie delle vitamine per aiutare il paziente. Ma deve essere un trattamento prolungato. Altri integratori possono servire in situazioni di deperimento, ad esempio in anziani che hanno difficoltà ad alimentarsi. Mi sembra un mondo che si basa più sul consumo che sul bisogno». Si muove su questa linea Franca Braga, responsabile settore Alimentazione e salute di Altroconsumo. «Gli integratori non vanno condannati e non va detto che fanno male. Però spesso sembra che siano fatti passare come necessari quando in realtà non lo sono». Altroconsumo ha fatto un’indagine sugli integratori a base di mirtillo scoprendo che in certi casi nelle pasticche non c’erano quasi le sostanze di questo frutto. Massimiliano Carnassale è il segretario generale di Federsalus, la più grande associazione di produttori. «Il mirtillo? Bisogna vedere che metodo analitico è stato utilizzato». Federsalus sconsiglia il fai da te. «Ci siamo sempre opposti ad acquisti che non siano consigliati dal medico o da un altro specialista – prosegue Carnassale – Loro devono dire se una persona ha bisogno di un integratore perché non può mangiare un determinato alimento. Sappiamo che spesso con la dieta si può fare a meno di questi prodotti ma non tutti possono mangiare ogni giorno le famose cinque porzioni di frutta e verdura».
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