Via 36 Province ma i dipendenti vanno assorbiti

by Sergio Segio | 13 Agosto 2011 6:43

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ROMA — Alla fine l’asticella è stata posizionata a quota 300 mila abitanti per stabilire quali sono le province che devono sparire dalla carta delle istituzioni della Repubblica in occasione delle prossime elezioni amministrative: alla fine dovranno ammainare il gonfalone 36 amministrazioni provinciali comprese quelle di Trieste, Pistoia, La Spezia, Vercelli, Sondrio (città  natale del ministro Tremonti), Siena e Grosseto. In Liguria resterebbe solo quella di Genova; in Molise via Campobasso e Isernia; in Piemonte e in Toscana il taglio è del 50 per cento. Ma la scure è stata bipartisan: 18 province in via di cancellazione sono amministrate dal Pd, 12 dal Pdl, 4 dalla Lega, una rispettivamente da Mpa e Sel.
Per i piccoli Comuni la soglia di sopravvivenza è fissata sopra i mille abitanti: tutti gli altri, 1.970, sono destinati alla fusione, compreso Sestriere dove sono di casa gli Agnelli, Torrita Tiberina dove è sepolto Aldo Moro, Rocca di Cambio, San Pio delle Camere dove è nato Franco Marini, Rivisondoli, Crocefieschi che ha dato i natali al giocatore dell Roma Roberto Pruzzo. Ma il taglio cancellerà  anche Sauze d’Oulx, Rio nell’Elba, Lucoli, Gualdo, Fai della Paganella, Entracque, Gressoney, Campitello di Fassa, Alfedena, Lorenzago di Cadore, Introd, Alagna Valsesia, Corvara.
Le 36 amministrazioni provinciali che dovranno chiudere i battenti saranno accorpate in entità  territoriali più ampie con il «paradosso — sottolinea Giuseppe Castiglione (Pdl), presidente dell’Unione delle province italiane — che sopravviveranno Regioni ben più piccole, come il Molise e la Basilicata. Non è questa la strada per fare cassa anche perché i dipendenti andranno ricollocati». E l’effetto collaterale del taglio, osserva Castiglione, «si abbatterà  su prefetture, questure, uffici provinciali del tesoro, del lavoro e via elencando le amministrazioni periferiche dello Stato». È tutto da vedere poi quali saranno i criteri di accorpamento: se, per esempio, spariscono Siena e Grosseto, dove verrà  collocata la sede della nuova maxi Provincia toscana? A metà  strada, magari al passo del Lume Spento, sulla strada che dal mare sale verso Montalcino che in qualche modo segna lo spartiacque tra i due contesti territoriali?
Con la norma contenuta nella bozza di manovra, dunque la Toscana perderebbe la metà  delle sue Province: cinque, infatti, sono quelle sotto i 300 mila abitanti che sarebbero tagliate e per questo il presidente dell’Upi Toscana e della Provincia di Pisa, Andrea Pieroni (Pd), attacca il governo: «È solo un colpo di teatro senza effetti immediati». A essere cancellate sarebbero, oltre a Siena e Grosseto, anche Massa Carrara, Pistoia e Prato. Da Grosseto il presidente della provincia, Leonardo Marras (Pd) si dice convinto che il taglio è solo «un’idea per guadagnare qualche titolo sui giornali».
Ma anche il Molise paga un prezzo alto visto che sono sotto i 300 mila abitanti sia Isernia sia Campobasso. In Sardegna, su 8 province 6 cadrebbero sotto la scure della riforma (Carbonia-Iglesias, Medio Campidano, Nuoro, Ogliastra, Olbia Tempio e Oristano). Ma per le Regioni a statuto speciale (compreso il caso della Sicilia che perderebbe Enna e Caltanissetta) è tutto da stabilire il ruolo dell’ente regionale. Va male il Piemonte: da 8 passerebbe a 4 province, con la soppressione di Asti, Biella, Verbano-Cusio-Ossola e Vercelli. Mentre uno scenario ancora peggiore si prospetterebbe per la Liguria, che da 4 scenderebbe a una sola Provincia, visto che a esclusione di Genova, tutte le altre sono sotto i 300 mila abitanti. Dimezzamento in vista anche per le province del Friuli Venezia Giulia, dove il rischio cancellazione riguarda Gorizia e Trieste. E una Provincia sola resterebbe in Umbria, (dove rischia di essere spazzata via Terni) e in Basilicata, visto che la scure si abbatterebbe su Matera. In Calabria, su 5 province, sarebbero cancellate quelle di Vibo Valentia e Crotone e nelle Marche sparirebbero 2 delle 5 province: Ascoli Piceno e Fermo.

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