by Sergio Segio | 9 Agosto 2011 6:58
ROMA — A poco meno di tredici mesi dagli arresti, l’inchiesta sulla cosiddetta P3 si è chiusa con venti indagati. Oltre ai presunti «capi», l’imprenditore sardo Flavio Carboni, il geometra ed ex giudice tributario Pasquale Lombardi e l’ex assessore socialista campano Arcangelo Martino, l’avviso di chiusura delle indagini preliminari è stato notificato a quattro parlamentari del Pdl: i deputati Nicola Cosentino, Denis Verdini e Massimo Parisi e il senatore Marcello Dell’Utri. Archiviazione in vista, invece, per il sottosegretario alla Giustizia, Giacomo Caliendo. E un’accusa più lieve, abuso d’ufficio, per il governatore della Sardegna Ugo Cappellacci, a cui durante l’inchiesta era stata contestata la corruzione. Fra i magistrati il solo a rischiare il rinvio a giudizio è l’ex presidente della Cassazione, Vincenzo Carbone, per corruzione: per le altre toghe coinvolte nell’inchiesta, l’ex capo degli ispettori Arcibaldo Miller, l’ex avvocato generale dello Stato Antonio Martone e l’ex presidente della Corte d’appello di Milano Alfonso Marra gli indizi si sono rivelati infondati.
Oltre a Carboni, Lombardi e Martino, anche Verdini e Dell’Utri, secondo la Procura, sono stati tra i fondatori della presunta P3. I cinque indagati avrebbero «costituito, organizzato e diretto un’associazione per delinquere volta a realizzare una serie indeterminata di delitti di corruzione, abuso di ufficio, illecito finanziamento, diffamazione e violenza privata, caratterizzata inoltre dalla segretezza degli scopi e volta altresì a condizionare il funzionamento di organi costituzionali e di rilevanza costituzionale, nonché di apparati della pubblica amministrazione dello Stato e degli enti locali, con l’obiettivo di rafforzare sia la propria capacità di penetrazione negli apparati medesimi mediante il collocamento, in posizioni di rilievo, di persone a sé gradite, sia il proprio potere d’influenza, sia la propria forza economico-finanziaria grazie anche al programma di sviluppo di imprese operanti nel settore delle fonti energetiche rinnovabili».
Verdini e Dell’Utri, indagati anche per associazione a delinquere e corruzione, avrebbero tentato di influenzare la decisione della Corte costituzionale sul lodo Alfano; sarebbero intervenuti sul Csm «per indirizzare la scelta di candidati a incarichi direttivi» e sulla Corte di cassazione per ottenere «una conclusione favorevole» della causa sul lodo Mondadori e del ricorso di Cosentino contro la richiesta di arresto per contiguità con la camorra; avrebbero «avvicinato autorità giudiziarie e amministrative» per aiutare la lista di Roberto Formigoni nelle Regionali 2005 e «magistrati delle procure di Napoli e Milano per procurarsi informazioni sullo stato dei procedimenti pendenti». A Cosentino invece il procuratore aggiunto Giancarlo Capaldo e il pm Rodolfo Sabelli contestano la diffamazione e la violenza privata per il dossier contro Stefano Caldoro, all’epoca candidato alla guida della Campania.
Netta la difesa di Verdini. «È surreale che venga ritenuto tra i promotori dell’asserita associazione segreta, quando gli atti e le intercettazioni in possesso della difesa dimostrano esattamente il contrario», scrivono in una nota gli avvocati Franco Coppi e Marco Rocchi. Soddisfatta Paola Severino «per il riconoscimento della correttezza dell’operato» di Caliendo, mentre Alessandro Diddi e Guido Manca Bitti sottolineano: «Cappellacci è sereno, ha seguito una procedura assolutamente legittima».
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