by Sergio Segio | 21 Agosto 2011 6:43
ROMA – E se una volta tanto a pagare fossero le televisioni? Ora che la manovra di Tremonti chiede sacrifici ai pensionati, agli insegnanti e alle piccole imprese, viene alle mente chiara una strada alternativa che il governo può percorrere se solo vuole: mettere all’asta le frequenze che ha in mano e incassare tanti milioni dalle emittenti che se le aggiudicheranno. Al momento, le frequenze stanno per essere regalate alle tv senza il minimo corrispettivo in cambio.
Nell’Italia dell’etere selvaggio, il Garante per le Comunicazioni è riuscito in un piccolo miracolo. Ha scovato 6 nuove frequenze nazionali che possono ospitare ripetitori e portare programmi tv agli italiani. Cinque frequenze sono buone per il digitale terrestre mentre la sesta frequenza può veicolare la televisione in mobilità (il Dvbh) che si vede – metti – su un cellulare o su un tablet.
«Di questi tempi, con questi chiari di luna, il governo ha un preciso obbligo morale – spiega il senatore Vincenzo Vita dei Ds – vendere all’asta queste frequenze e incassare il più possibile. In questo modo, potrà ridurre i sacrifici che oggi vuole imporre alla parte debole del Paese con i suoi prelievi dissennati. Io, il senatore Luigi Zanda, mi auguro anche l’Idv e l’Udc proporremo tre cose in un emendamento alla manovra di Tremonti: asta delle frequenze, asta delle frequenze e asta delle frequenze, prima che sia troppo tardi».
Questa battaglia, spalleggiata anche da Giuseppe Giulietti, è iniziata nel 2009 quando lo stesso Garante per le Comunicazioni – organo che vede il centrodestra in maggioranza – diede il via libera al “concorso di bellezza” (beauty contest). In altre parole, il Garante ritenne legittimo e possibile che le frequenze venissero regalate agli editori – nuovi o vecchi, come Rai e Mediaset – forti di alcuni requisiti, di alcune qualità imprenditoriali. Poi sono arrivati il bando e il disciplinare di gara. Ed ora, il 6 settembre prossimo, partirà la preselezione delle emittenti candidate ad ottenere le frequenze.
Il treno è lanciato in corsa, a meno che l’emendamento delle opposizioni non trovi la maggioranza dei voti in Parlamento. In questo caso, il governo dovrà riportare l’intera pratica alla casella di partenza, rinunciare a regalare frequenze e organizzare, appunto, un’asta.
Un precedente, d’altra parte, c’è stato ed è ben noto a tutti. A Natale del 1999, il Garante per le Comunicazioni spiegò come assegnare agli operatori della telefonia un certo tipo di frequenze: quelle che avrebbero permesso il lancio dei servizi di tipo Umts. In quella occasione, il Garante si spese per la “licitazione provata”. Suggerì, in altre parole, che le frequenze venissero date agli operatori attraverso una gara ad inviti. A marzo del 2000, il ministero per le Comunicazioni stimò in 3000 miliardi (di lire) i soldi che sarebbero arrivati in cassa alla fine della gara. Un mese dopo, il presidente del Consiglio Giuliano Amato lasciò i deputati a bocca aperta. In un suo intervento alla Camera, annunciò il dietrofront. Le regole andavano cambiate, spiegò, e le frequenze assegnate attraverso un’asta con rilanci.
A gennaio del 2001, la Befana portò in regalo al governo Amato la bellezza di 26.750 miliardi di lire, effetto proprio dell’asta competitiva.
Dice ancora Vincenzo Vita: «Le nostre stime dicono che oggi il governo Berlusconi può avvicinare quel successo. Organizzare un’asta con rilanci per le frequenze stavolta televisive porterà in cassa dai 3 ai 4 miliardi di euro». Tanta roba. E sempre meglio di un regalo.
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