Turbine, trattori e pannelli solari il kit per una civiltà  in miniatura

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Una civiltà  in miniatura, fatta in casa pezzo per pezzo. Autosufficiente, a basso costo, costruita con materiali riciclati o facilmente reperibili. Il Global Village Construction Set ricorda i laboratori giocattolo dei tempi andati, solo che stavolta cambiano le dimensioni, così come gli obiettivi e le implicazioni ideologiche. Consiste in cinquanta macchinari, quelli giudicati necessari per regalare partendo da zero una vita senza rinunce a circa 200 persone. Strumenti essenziali come il trattore o il gruppo elettrogeno, il forno e l’automobile, passando per la turbina, i pannelli solari, la macina, il laser di precisione, la pressa per produrre circuiti stampati, la betoniera, l’altoforno. Tutto assemblabile a prezzi stracciati rispetto a quel che offre il mercato, grazie a progetti open source disponibili gratuitamente online e migliorati di continuo.
L’idea è di Marcin Jakubowski, fondatore del movimento Open Source Ecology. Classe 1973, laureatosi a Princeton con dottorato in fisica all’Università  del Wisconsin, nel 2003 Jakubowski ha deciso che l’agricoltura era la sua vera vocazione. «Mi trasferii in Missouri comprando una fattoria e acquistai un trattore», ha raccontato il fisico in una delle sue conferenze. «Ma si ruppe. Allora lo riparai e si ruppe di nuovo, finché alla fine non avevo più soldi per andare avanti. Poter accedere a strumenti low cost fatti con materiali riciclabili e pensati per durare una vita e non una manciata di anni è vitale. Ed è esattamente quello che ho fatto: progettare quel che davvero mi serviva, condividendolo online».
Ora nella sua Factor E Farm, a nord di Kansas City, si sta lavorando senza sosta per riuscire a terminare l’intero Global Village Construction Set entro il 2012, con un budget complessivo di due milioni di dollari. Di ogni macchinario vengono prodotti almeno tre prototipi testati meticolosamente per poi arrivare alla versione definitiva. Che, su richiesta, può esser acquistata da altri agricoltori. Nel frattempo il verbo del vivere e produrre in maniera diversa viene diffuso via Web. «Oggi la nostra vera sfida», spiega Jakubowski, «è coinvolgere il maggior numero di persone». E per farlo lui e gli altri membri della Factor E Farm hanno scritto un prontuario minuzioso su come sviluppare in proprio, passo dopo passo, un villaggio globale. Dai modi possibili per raccogliere fondi, a quali macchinari mettere assieme per primi cominciando da subito a guadagnare.
La filosofia che muove Jakubowski è la stessa del software libero, applicata però al mondo reale. Va sotto il cappello generico del Do It Yourself (Diy), il nuovo “fai da te” made in Usa, movimento che dietro l’innocua facciata del costruirsi da soli le cose, rifiutando sprechi e consumi inutili, sta diventando un modo radicalmente diverso di pensare l’esistente. Ruota attorno a testate come Make diretta da Mark Frauenfelder, una delle firme più importanti del primo Wired. Nel suo ultimo saggio del 2010 Made by Hand: Searching for Meaning in a Throwaway World (che potremmo tradurre con Fatto a Mano: La ricerca del senso nel mondo dell’usa e getta), Frauenfelder arriva a teorizzare la fabbricazione in proprio di qualsiasi oggetto d’uso comune, poco importa che sia una bicicletta, un computer o una casa, come terreno per restaurare i rapporti familiari sempre più blandi e come strumento per riappropriarsi del tempo liberandosi sia dalla dipendenza dal consumo sia da quella dello stipendio. Qualcuno li chiama “nuovi hacker” o “hacker del mondo reale”. Persone, comunque, che intendono mettere le mani nella società  per cambiarla di sana pianta.


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