Termini, il dopo-Fiat è in alto mare
I tempi per Termini Imerese stringono e ancora non c’è una soluzione certa. Di sicuro, si sa soltanto che Fiat chiuderà il suo stabilimento palermitano il prossimo 31 dicembre, mentre ieri il ministro dello Sviluppo, Paolo Romani, dopo aver incontrato il governatore della Sicilia Raffaele Lombardo e l’advisor incaricato di vagliare i progetti per la riconversione, Invitalia, ha dichiarato che «la decisione definitiva arriverà il 7 settembre».
La data è quella del prossimo incontro fissato con tutte le parti e soprattutto con l’azienda molisana Dr (Di Risio Motor Company), il soggetto industriale che promette di fornire il grosso dei nuovi posti di lavoro, accanto ad altre cinque imprese, che dovrebbero tutte convivere nell’area degli (ormai quasi ex) stabilimenti Fiat. Il piano della Dr prevede, a regime, 60 mila vetture per quattro modelli e 1300 operai entro il 2016: il progetto è stato illustrato l’altroieri ai sindacati.
L’altro progetto in campo per le auto è quello di De Tomaso, ma con volumi minori, dato che le sue vetture sarebbero indirizzate a un pubblico di fascia alta e quindi con un maggior valore aggiunto. Tornando a Dr, comunque, la forza del progetto starebbe nel fatto che dietro l’imprenditore molisano Massimo Di Risio stanno i cinesi della Chery, un vero colosso dell’auto pronto a sbarcare con grossi numeri in Italia: la Chery invia i pezzi che poi vengono assemblati nella fabbrica molisana Dr. Dunque il marchio è già presente in Italia, ma Termini Imerese, con le sue 60 mila auto, permetterebbe una vera aggressione del mercato.
I sindacati si sono detti interessati al progetto, e cautamente ci sperano: ma aspettano risposte certe, e soprattutto anche un sostegno da governo ed enti locali. Certamente Termini fa gola anche per il fatto che chiunque vi impiantasse un’azienda, avrebbe fondi pubblici e notevoli agevolazioni, sperando ovviamente (da parte dei lavoratori e delle comunità interessati) che non si tratti di un «prendi i soldi e scappa».
«Il progetto di Di Risio ha una sua dimensione industriale ma l’affidabilità andrà verificata anche alla luce degli aspetti finanziari che non sono stati esplicitati nel corso dell’incontro – dicono Enzo Masini (Fiom) e Salvatore Barone (Cgil) – La Dr conta nella sede di Isernia circa 200 dipendenti e altrettanti indiretti, assembla auto con una componentistica di provenienza asiatica, prevalentemente cinese, tranne i motori che vengono forniti da case automobilistiche europee, Fiat tra queste. Conta inoltre 250 officine e 100 concessionarie nel paese e nel 2010 ha venduto circa 5 mila vetture».
«Si partirebbe con 10 mila auto nel 2012 per poi arrivare a 60 mila nel 2016 – continuano i due sindacalisti – Tutta la componentistica arriverà dall’Asia, per motori e cambi si guarda alla Fiat e ad altre case. Le fette di mercato che si punta a occupare sono il 4,36% per il segmento A, il 2,23% per il B, il 2,64% per il C, mentre per l’I, cioè i Suv, è l’8,48%». «C’è davanti poco tempo – concludono Masini e Barone – Ora tocca a Invitalia valutare l’affidabilità dei progetti sull’auto perché i due presentati non sono sovrapponibili». Cauta anche la Cisl, che chiede di fare di Termini «un’area speciale di crisi in grado di attrarre investimenti grazie agli incentivi e alle agevolazioni».
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