Tasse, speculazione e ritardi nel gioco del caro-benzina perdono sempre i consumatori
TANTE polemiche sui carburanti, con le accuse incrociate tra consumatori, compagnie petrolifere e il governo. Provo a fare un po’ di chiarezza
I prezzi della benzina sono alti in Italia?
Prima di tutto occorre prendere a riferimento un prezzo significativo e questo è quello ufficiale raccolto ogni inizio settimana dal Ministero dello Sviluppo Economico e comunicato a Bruxelles dove arrivano quelli di tutti i 27 paesi. L’ultimo di questa settimana è 1,57 euro per litro, valore che è il quarto più alto in Europa, 8 centesimi in più della media ponderata.
Come si arriva a questi livelli?
Le tasse hanno la loro importanza, sono anche queste fra le più alte in Europa, 87 centesimi, aumentate un po’ in sordina lo scorso 29 giugno di 5 centesimi per litro, prima delle due manovre estive, una delle misure a maggiore incasso per l’erario, roba da 1 miliardo di euro all’anno da subito.
C’è speculazione da parte delle compagnie?
Parlare di speculazione è esagerato. Vero è che i prezzi, escludendo le tasse, sono di quasi 6 centesimi superiori alla media Europea, valore alto rispetto a quello storico di circa 4 centesimi, facilmente spiegabili dalle caratteristiche della nostra rete. Abbiamo un quinto di tutti i punti vendita europei, ma vendiamo un decimo dei carburanti totali. Il self service è ancora poco diffuso, gli orari di apertura, dopo decenni di vani tentativi di liberalizzazione, sono ancora limitati; le vendite di tabacchi, giornali e alimentari non sono di fatto possibili. Nel resto d’Europa invece le cose sono molto diverse.
Quanto guadagnano i petrolieri?
Le compagnie petrolifere sono ricche, ma solo quelle che riescono a fare i buchi e produrre il greggio, con costi che sono inferiori ai 30 dollari e con prezzi intorno ai 100 dollari. Chi raffina il barile e poi distribuire i prodotti compra il greggio a 100 dollari, non a 30.
Perché i prezzi del greggio
sono scesi a 80 dollari e i prezzi
della benzina sono ancora così alti?
Il prezzo del petrolio americano, il West Texas Intermediate, è sceso verso gli 80 dollari, ma quello Europeo, il Brent, quello che conta per noi, è sempre intorno ai 110 dollari, lo stesso valore di aprile quando i prezzi della benzina erano intorno a 1,56 come adesso. Inoltre è sbagliato prendere a riferimento il prezzo del petrolio.
Perché?
Perché se metto un barile di greggio nel serbatoio della mia macchina faccio pochi metri e poi si ferma. Il greggio è la materia prima che dà una ventina di prodotti, fra cui il più importante è la benzina. Occorre prendere a riferimento il prezzo della benzina sul mercato internazionale, quello che ad esempio paga in Francia la grande distribuzione alimentare, i supermercati, da oltre trent’anni.
Qual è questo prezzo?
E’ il famigerato Platts, un’agenzia nata in America 100 anni fa e che raccoglie i prezzi della benzina che si fanno fra loro le compagnie sul mercato internazionale per carichi da 30 mila tonnellate (40 milioni di litri; un automobilista medio italiano consuma 1000 litri all’anno); i carichi vengono da raffinerie, come le nostre in Sardegna e Sicilia. Venerdì sera il prezzo che ha stimato il Platts era di 1049 dollari per ogni tonnellata, 50 dollari in più rispetto a dieci giorni fa. Dividendo per 1000 e per il cambio di 1,44 dollari per euro, si ottiene 0,71 euro per chilo di benzina. Occorre poi moltiplicare per 0,755, ovvero il peso in chili di un litro di benzina, e si ottiene 0,55 euro per litro. Questo è il costo industriale per un litro di benzina di chi vuole prenderla dalle raffinerie o importarla dall’estero. Ovviamente scaricare una nave a Genova o a Napoli e poi portarla ai distributori a Milano o a Benevento ha dei costi, a cui si sommano quelli di pubblicità , i costi del gestore, gli investimenti sui punti vendita e i tanto amati bollini delle raccolte premio. È possibile stimare la sommatoria di questi costi di distribuzione in 16 centesimi di euro, il valore che storicamente si è verificato negli ultimi 2 anni e quello che è superiore di 4 centesimi rispetto al resto d’Europa per le cause che dicevamo prima. Sommando anche gli 87 centesimi di tasse, si arriva ad un prezzo totale, che possiamo definire ottimale, di 1,58 euro per litro, 1 centesimo in più del prezzo attuale praticato. Se il Platts farà segnare per stasera delle riduzioni, allora i prezzi torneranno a scendere, altrimenti torneranno a salire.
I consumatori hanno chiesto di ridurre il prezzo in queste settimane. C’era spazio?
Si. Specie nella prima parte del mese c’era spazio per riduzioni di 3-4 centesimi, le compagnie hanno voluto recuperare un po’ di guadagni persi a luglio dove, al contrario, gli aumenti avrebbero dovuto essere maggiori. Fanno bene i consumatori a tenere il fiato sul collo delle compagnie, anche l’Antitrust da tempo sta indagando proprio sul prezzo Platts e comunque in tutto il mondo tutti si lamentano sempre quando i prezzi salgono, ma pochi si accorgono dei cali.
E le riforme?
Da quasi quarant’anni si parla di riforme, ma di fatto si riesce a fare poco: abbiamo un sindacato dei gestori, unico caso in Europa, molto forte che ovviamente non può volere una forte riduzione dei punti vendita. Le regioni vogliono legiferare su un settore che il governo centrale vuole liberalizzare. E poi i consumatori italiani apprezzano in fin dei conti farsi servire dal gestore e avere il distributore sotto casa.
Ci sono speranze di miglioramento?
Paradossalmente mai come in questo periodo la competizione è stata alta. Gli sconti di 10 centesimi che fanno le grandi compagnie negli orari di chiusura sono molto vantaggiosi e poi ci sono le pompe bianche, che, non sempre, fanno in effetti prezzi più bassi. Le cose stanno cambiando, anche se lentamente.
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