Svizzera, animalisti sconfitti «Legittimo sparare ai gatti»

by Sergio Segio | 29 Agosto 2011 6:25

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MILANO — Lara Croft ci ha provato. Con la sua faccina triste e la zampetta sinistra sollevata da terra ha cercato di convincere gli umani del suo Paese, la Svizzera, a non imbracciare il fucile per sparare a quelle come lei. Niente da fare. È stato un buco nell’acqua. E sì che ne ha raccolte di firme con la sua petizione: in tutto, 13.700.
«Diciamo basta alla caccia dei gatti erranti» c’era scritto in quella benedetta petizione con la sua foto. 13.700 fogli mandati al Bundesrat, il Consiglio federale, perché abolisse — appunto — il permesso di caccia che avviene quasi sempre a fucilate, con il risultato che spesso le pallottole feriscono soltanto e da quel momento in poi i poveri felini si ritrovano a vagare sanguinanti per giorni e giorni. Muoiono sfiniti dal dolore o, se va «bene», restano mutilati. A Lara Croft è andata bene e con il tempo ha imparato a fare a meno della zampa ferita.
Luc Barthassat, deputato del cantone di Ginevra, si è dato un gran daffare per aiutare i ragazzi di Sos Chats che hanno lanciato l’idea della petizione «per fermare questo massacro». Ne ha fatto una campagna sua, l’ha sostenuta nelle sedi pubbliche, ha moltiplicato contatti e firme, «rendiamo possibile la caccia soltanto in caso di allarme sanitario, per esempio un’epidemia di rabbia» ha mediato. Tutto inutile. La risposta del governo (che aveva ricevuto a giugno le firme) è stata «no»: sono i singoli cantoni a decidere delle soppressioni, ha fatto sapere quattro giorni fa il Consiglio federale. E poi, rivelano i siti d’informazione e i giornali elvetici, il Bundesrat ritiene necessario lo «sfoltimento dei gatti randagi» sia perché mettono in pericolo costante uccelli, lepri e rettili, sia perché da «erranti» finiscono con l’accoppiarsi a gatti molto più selvatici di loro minacciando così, con possibili malattie, la sopravvivenza stessa della specie domestica.
Men che meno convince l’ipotesi della sterilizzazione invece dell’abbattimento, un’operazione ritenuta troppo costosa oltre che difficile da realizzare vista la difficoltà  di acciuffare i gatti, animali agili e sfuggenti per antonomasia. E allora ecco: la sola via possibile, dicono, è quella che esiste già , cioè la caccia al «gatto domestico inselvatichito» permessa tutto l’anno. Per la verità  sono tempi duri anche per altri, stando all’articolo 5 della legge federale sulla caccia e la protezione dei mammiferi. Si trovano nelle stesse condizioni del felino randagio anche il cane procione, il procione lavatore, la cornacchia nera, la gazza, la ghiandaia e la tortora domestica inselvatichita.
La domanda a questo punto è: come fa un umano armato di fucile e intenzioni anti-gatto a riconoscere il randagio? I microchip con i quali i gatti vengono sempre più spesso registrati all’«anagrafe» felina non sono certo visibili a distanza. E allora? Chi mi dice che sto sparando al gatto «giusto» e non al micio del vicino che si è perduto?
Luc Barthassat ha provato ad argomentare la richiesta della petizione anche con questa obiezione. Tutto respinto. Senza arrendersi, il deputato ha posto un altro problema: la caccia nei centri urbani è di sicuro un pericolo anche per noi umani che rischiamo di essere impallinati. Niente, parole scivolate via come acqua sull’impermeabile. Ci ha provato con l’argomento internazionale: «Nella vicina Francia questa barbarie è stata abolita e ora è vietata» ha insistito il deputato ginevrino. Come prima, obiezione nulla. Un po’ come dire: che la Francia faccia come vuole, il governo svizzero non vieterà  un bel niente.
Viene da chiedersi: chissà  che direbbe Lara Croft se potesse parlare…

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