Superprelievo, premier deciso a intervenire

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ROMA — Il peso lo sente ancora sulle spalle. E lo sfogo con tutti quelli che lo chiamano nel suo buen retiro di Villa Certosa è sempre lo stesso: «Io non sono l’uomo delle tasse, tutta la mia storia politica va in direzione opposta». Per Silvio Berlusconi, aver dovuto per la prima volta «mettere le mani nelle tasche degli italiani» direttamente, con il contributo di solidarietà  che colpisce i redditi sopra i 90 mila euro, resta una macchia indelebile che vorrebbe cancellare in ogni modo.
E sarà  pur vero, come gli hanno spiegato i suoi fedelissimi, che «anche innalzare l’Iva di un punto è un modo per aumentare la pressione fiscale», ma la sua convinzione resta ferma: l’arma dell’imposta indiretta va usata. E va, se non cancellato del tutto come in fondo al cuore desidererebbe, almeno molto ridimensionato il contributo di solidarietà .
Obiettivo che ormai nel Pdl si dà  quasi per acquisito: per «aggirare Tremonti» e la sua resistenza, spiega un ministro, la strada è tracciata: si apre al confronto con l’opposizione, mossa gradita anche al capo dello Stato; si «concede qualcosa all’Udc», ai sindacati, a Confindustria; si fanno alcuni emendamenti targati pdl, che verranno presentati al Senato dove inizia la discussione e poi si blinda il provvedimento alla Camera con la fiducia, per evitare imboscate o il rischio di rimanere impantanati. Si chiude insomma «presto e bene», in «30 o 40 giorni complessivi», sperando che nel frattempo i mercati abbiano promosso il Paese, evento niente affatto scontato e che tiene sulle spine tutti, da Berlusconi in giù.
I particolari sulle possibili modifiche ancora non sono stati messi a punto. Ma nel Pdl — che si riunirà  in una sorta di vertice-sfogatoio con il segretario, lo stato maggiore, i frondisti, i ministri interessati alla manovra all’inizio della settimana prossima (in concomitanza con la convocazione delle commissioni del Senato per l’esame della manovra) — si ragiona su un contributo di solidarietà  depotenziato, o nel tetto di reddito (potrebbe scattare dai 150 mila euro in su) o modulando la tassa sulla base del quoziente familiare tanto gradito all’Udc, a partire dal numero dei figli o dei soggetti a carico del contribuente. Anche sugli enti locali si potrebbe intervenire con qualche alleggerimento, così come sul blocco del Tfr e sul rischio di decurtazione della tredicesima (lo chiede la Cisl), magari pescando qualche risorsa da un intervento (richiesto da Confindustria) limitato sulle pensioni: quelle di reversibilità , finora indenni e forse anche di anzianità , sempre che la Lega molli qualcosa. L’Iva sarebbe inserita in manovra solo come ultima risorsa possibile, altrimenti verrebbe tenuta a disposizione come «tesoretto» da inserire nella delega fiscale, per evitare che i 4 miliardi di tagli già  messi a saldo si trasformino in una mazzata su assistenza e detrazioni.
Ma in ogni caso, lo dice anche Berlusconi ai suoi, la manovra «non sarà  stravolta». «Ormai è fatta — dice Paolo Bonaiuti —, ci saranno modifiche ma saranno limitate: i mercati sono giudici severi, e non vogliono un allentamento del rigore, purtroppo». E lo sa bene il premier, soddisfatto per i complimenti che sta ricevendo dai leader europei (ieri Sarkozy) per il «rigore e la tempestività » con cui la manovra è stata varata.
Dunque, il rischio di barcollare per gli assalti alla diligenza non può essere corso. Berlusconi ha lasciato volutamente mano libera ai frondisti del Pdl, perché aprissero la strada all’ipotesi di modifiche, ma alla fine — avverte Maurizio Gasparri — a decidere «dovrà  essere il governo», e non saranno permesse azioni solitarie. Perché, come avverte Fabrizio Cicchitto, una cosa sono gli «aggiustamenti ragionevoli», altra «rovesciare la manovra come un guanto». Un lusso che nemmeno Berlusconi può permettersi.


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