by Sergio Segio | 25 Agosto 2011 5:37
ROMA – Brent, Wti, prezzo all’ingrosso o alla pompa. Facciamo un po’ di chiarezza sulla formazione del prezzo dei carburanti. Perché alla fine a pagare i rincari, è comunque chi ci capisce di meno: il consumatore. Facciamo chiarezza anche alla luce delle puntualizzazioni dell’Unione petrolifera (l’Up), all’indomani dell’articolo pubblicato su Repubblica sulla rigidità dei prezzi dei carburanti al diminuire delle quotazioni del barile. L’Up fa notare che il prezzo della benzina in Italia non segue le quotazioni del greggio americano Wti ma quelle del Brent e delle quotazioni dei relativi prodotti raffinati. Brent che ancora ieri «veniva scambiato a un prezzo superiore ai 110 dollari al barile, 25 dollari in più del Wti e il 50% in più rispetto all’ultima settimana di agosto del 2010». Stessa tesi sostenuta anche dal presidente dell’Api Ugo Brachetti Peretti, che sottolinea che «se si fosse utilizzato il grezzo di riferimento corretto il prezzo al 29 settembre 2010 sarebbe stato di 79 dollari per barile mentre quello del 22 agosto di quest’anno è di 108,8 dollari a barile. In euro quindi il costo del grezzo è aumentato di circa il 30%, contro un aumento del prezzo della benzina al netto delle tasse di circa il 25%».Peccato che a maggio il Brent sia sceso di quasi il 13% da 126 dollari, mentre la benzina non lo ha seguito. L’Up si scaglia anche contro le affermazioni del segretario della Cisl Raffaele Bonanni che chiede una riforma del settore, dove denuncia la formazione di una sorta di cartello tra le petrolifere, e la presenza di uno Stato che incassa centinaia di milioni di euro di tasse in più.
Un’ipotesi, quella del cartello, su cui l’Antitrust ha avviato un’indagine sul mercato degli impianti indipendenti, che applicano prezzi più bassi grazie all’acquisto dei prodotti raffinati a costi vantaggiosi dalle società petrolifere e all’accollo delle spese di logistica. Se il fenomeno dei low cost si amplificasse le compagnie potrebbero alzare i prezzi applicati agli indipendenti. L’altro punto su cui si concentra l’indagine è la congruità , adeguatezza e trasparenza dell’indice a cui si aggancia il prezzo della benzina nell’area mediterranea, il Platt’s, elaborato da una società londinese sulla base dei prezzi giornalieri applicati sui prodotti raffinati scaricati nei porti europei. Proprio questo “aggancio” sarebbe tra gli elementi che facilitano il comportamento parallelo delle aziende.
I petrolieri intanto continuano a sostenere che la rigidità dei prezzi è determinata dall’aumento di accise e Iva ma il sottosegretario allo Sviluppo economico Stefano Saglia sottolinea come «sia aumentata la differenza di prezzo tra Italia e media Ue, passando nelle ultime settimane da 3,5 a 5-6 centesimi di euro al litro. In Francia e Germania, dove le accise sono agli stessi livelli, il prezzo dei carburanti è più basso. Oggi il 30-40% del mercato è nelle mani di Eni e Agip e non c’è vera concorrenza. Occorre una ristrutturazione della rete e su questo stiamo lavorando». Finirà lo scarica-barile?
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