Strauss-Kahn, la procura chiede l’archiviazione

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NEWYORK – Sono bastati dieci minuti agli uomini della procura di New York per dare il benservito alla donna che aveva accusato di stupro Dominique Strauss Kahn: costringendolo a dimettersi dalla presidenza del Fondo monetario internazionale e a rinunciare alla corsa all’Eliseo. A Nafissatou Diallo non resta ora che l’arma della causa civile e la richiesta danni per «la grave angoscia e lo stress emotivo provocati»: ma quanti danni dovrebbe chiedere invece Dsk al procuratore Cyrus Vance che prima di questa clamorosa marcia indietro gli ha distrutto la carriera?
Una cosa sembra certa: il caso che da tre mesi tiene inchiodato mezzo mondo non vedrà  soluzione giudiziaria. Vuol dire che la procura ritiene che se sesso c’è stato, non c’è prova che non sia stato consensuale. Gli investigatori hanno convocato ieri Nafissatou per dirle che la sua testimonianza è indifendibile. E nella richiesta di far cadere tutte le accuse, con cui stamattina si presenteranno davanti al giudice Michael Obus, hanno specificato perché.
“Nafi” non è credibile perché ha già  mentito. L’ultima clamorosa bugia: ha taciuto di aver fatto sesso la notte precedente l’incontro nella suite del Sofitel da 3mila dollari a notte – un rapporto che avrebbe provocato quel rossore vaginale testimoniato dal referto stilato dopo il presunto stupro. Non solo. La donna che aveva già  mentito inventandosi una violenza di gruppo per ottenere asilo, mentì anche sul denaro che raccoglieva per la banda di amici spacciatori. E mentì su quella fatidica telefonata con cui avvisava un amico in carcere che la storia dello stupro era una splendida occasione per far soldi.
«Il procuratore di Manhattan ha negato a questa donna di avere giustizia» ha tuonato all’uscita dell’incontro il suo avvocato Ken Thompson. Che ha tentato con una mossa estrema di «ricusare» la procura ieri già  bersaglio della protesta di un gruppo di donne: «Come al solito, quando si tratta di violenza alle donne si mette tutto a tacere». Gli investigatori guidati da Vance – rincara l’avvocato – avrebbero dimostrato «prevenzione» verso l’africana.
L’aggueritissimo Thompson – che pure rischierebbe a sua volta l’incriminazione per aver cercato di ostruire l’indagine, cercando un accordo con Dsk per chiudere l’altra causa, quella civile – circostanzia le accusa. Gli investigatori avrebbero indagato un familiare della donna. L’avrebbero cacciata dopo un incontro particolarmente movimentato in procura. E soprattutto non l’avrebbero informata delle minacce di morte: depositate alla segreteria telefonica dello stesso avvocato.
La prova della prevenzione sarebbe tutta in una frase della viceprocuratrice Joan Illuzzi-Orbon: «Nessuno che abbia un minimo di cervello porterebbe questa donna a testimoniare». Ma forse non neppure è un caso che per cercare di irrobustire la testimonianza di Diallo lo stesso Thompson abbia spedito adesso a Parigi il suo collega Douglas Wigdor. Obiettivo: raccogliere informazioni sulle «tante altre donne» che sarebbero state molestate da Dsk.
A questo punto l’udienza di questa mattina rischia di rivelarsi poco più di una formalità . Un giudice che rigetti la richiesta della procura di non procedere all’accusa non s’è (quasi) mai visto. E la ricusazione della procura viene definita da un professore della New York School of Law un “A.o.d.”: «Atto di disperazione». Ma per la prima volta stamane potrebbero presentarsi in aula entrambi i protagonisti. Per la prima volta da quel 14 maggio Nafi e Dsk potrebbero insomma incrociare ancora una volta i loro sguardi. L’ultima volta – prima di venire arrestato sullo stesso aereo per Parigi che, liberato, potrebbe riprendere già  oggi – l’ex capo dell’Fmi le si presentò tutto nudo. E questo, con parte di quel che seguì, non l’ha smentito ancora nessuno.


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