Spread alle stelle, peggio della Spagna

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MILANO – Per trenta, lunghissimi minuti, si è temuta la catastrofe. Di primo mattino, subito dopo l’apertura, lo spread dei Btp decennali rispetto al Bund tedesco – termometro della febbre di questa crisi agostana – è volato a quota 413 punti mentre il rendimento del Buono poliennale toccava il 6,348%. L’Italia si è trovata ad un passo dal baratro, con uno spread addirittura peggiore della Spagna, mentre anche il francese Oat subiva l’onta di veder crescere il proprio differenziale rispetto alla Germania. Nelle stesse ore la Borsa di Parigi apriva in calo del 6% e gli altri mercati si allineavano, sebbene su valori meno drammatici.
L’allarme sui titoli pubblici italiani è durato tuttavia abbastanza poco: intorno alle nove i rendimenti dei Btp hanno preso a scendere a candela, e poi hanno continuato a migliorare, in maniera più dolce, fino a chiudere a quota 374 rispetto ai Bund. Sempre peggio della Spagna, i cui titoli di Stato a fine giornata rendevano il 6,036% rispetto al 6,085% dell’Italia, ma meno peggio del temuto. Il sospetto, riportato da qualche agenzia di stampa, è che al repentino cambiamento di rotta abbiano contribuito acquisti di Btp e Bonos da parte della Bce, mentre il commissario europeo per gli Affari economici e monetari, Olli Rehn, ha dichiarato che la Commissione Ue «pubblicherà  questo autunno un rapporto sulla fattibilità  degli eurobond».
Il totalizzatore delle perdite nelle Borse invece segna un’Europa più povera, dopo aver bruciato altri 80 miliardi di capitalizzazione ed aver chiuso la peggiore settimana dal novembre 2008, insieme al record negativo di Parigi, che ha terminato la decima seduta consecutiva con un calo (dell’1,26%) e non era mai accaduto nella sua storia, mentre un nuovo “giallo” ha agitato Piazza Affari: anche ieri infatti, a mezz’ora dalla chiusura, il calcolo degli indici si è bloccato. Solo con un’ora di ritardo è stata comunicata la perdita finale dell’indice dei titoli a maggior capitalizzazione, che ha concluso l’ennesimo venerdì nero con un calo lo 0,7%. Molto peggio è andata a Francoforte (-2,78%), e a Londra (-2,71%), mentre Madrid, l’altra grande “sorvegliata speciale” d’Europa, ha chiuso con una variazione minima (-0,18%). Qualche analista comincia a pensare che stiano maturando i tempi per un piccolo rimbalzo, dopo tante perdite e l’ipervenduto che ha dominato le ultime sedute. Ma le sole chiusure non la dicono tutta su una giornata ad altissima volatilità , accompagnata tra l’altro da importanti indicatori economici. A partire dall’Italia, dove l’Istat ha diffuso i dati relativi al pil nel secondo trimestre e che mostrano un paese che non cresce: più 0,3% rispetto al trimestre precedente e più 0,8% rispetto ad un anno fa mentre la produzione industriale a giugno ha proseguito la frenata con un calo dello 0,6% rispetto a maggio (+0,2% rispetto ad un anno fa) e il Centro Studi di Confindustria stima un meno 0,4% in luglio. Anche la Germania ieri ha registrato un calo a sorpresa della produzione industriale dell’1,1% in giugno (ma è salita del 2% nel secondo trimestre) mentre dagli Usa è arrivata una buona notizia: in luglio la disoccupazione è calata al 9,1% e sono stati creati 117.000 nuovi posti di lavoro. Immediata la risposta di Wall Street, partita a razzo con un rialzo che ha sfiorato l’1,5% ma durato poco: il Dow Jones alla fine ha chiuso con un più 0,53% mentre il Nasdaq è finito in rosso, terminando così la peggiore settimana da oltre due anni.


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