Siria, il popolo dimenticato

by Sergio Segio | 18 Agosto 2011 16:55

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Eppure tutto questo non stupisce nessuno. Il regime siriano ormai disperato non puo che ricorrere alla repressione brutale: annientare i manifestanti, che siano siriani o palestinesi, dove é la differenza ?

“Perché dovremmo stupirci? Ce lo aspettavamo, ripetono molti palestinesi che vivono nei campi libanesi e che hanno appreso la notizia solo tramite al-Jazeera, che resta accesa, quando l’elettricità  lo permette, nelle case di ognuno di loro, mentre aspettano il tramonto per rompere il digiuno nel mese caldo di Ramadan.

Un bambino di 13 anni, Mohammad Jeber Shohan e una mamma di due bambini, Nada Hassan al-Saed, di solo 22 anni, sono state le prime vittime cadute sotto il fuoco del regime della Resistenza, quello di Bashar al Assad come lo definisce il Sayyed Hasan Nasrallah, leader di Hezbollah.
Numerosi testimoni raccontano dei soprusi subiti dalle forze di sicurezza che hanno distrutto le loro case, portato via i loro familiari e violentato alcune donne.

Samah, racconta Hamzeh, una ragazza palestinese di 20 anni, é stata violentata da tredici soldati dopo che questi avevano portato via i suoi quattro fratelli e lei invano aveva cercato di fermarli. Storie di ordinaria follia. Secondo alcune dichiarazioni rilasciate dall’agenzia delle Nazioni Unite che si occupa dei rifugiati il campo adesso é vuoto e sono circa 5mila i palestinesi che si sono diretti verso altre città  siriane. Loro non avendo un passaporto non possono lasciare la Siria, salvo in casi speciali e in accordo con le autorità  siriane. Yassin Abdel Rabbo, segretario generale dell’ Olp, ha accusato la Siria di ”crimine contro l’umanità ”. Intanto, dopo l’attacco da parte di vari attori internazionali, l’agenzia Sana riportando le voci di alcune fazioni palestinesi “ha smentito le dichiarazioni dell’Unrwa in quanto non c’é stato nessun bombardamento nel campo. Si tratta di false dichiarazioni che servono solo a provocare e destabilizzare le relazioni siro-palestinesi”.

Quello che é successo a Lattakia dove circa trenta persone secondo alcuni dati ufficiali hanno perso la vita è un segno che Bashar al Assad ha solo una carta da giocare: continuare la repressione cosciente del fatto che un ritorno allo status quo nel Paese é impossibile anche in città  come Lattakia dove il 50 percento della popolazione é Alawita, (ramo sciita , stessa setta del Presidente) e dove vive la maggior parte delle famiglie legate al regime. La repressione può essere sì una soluzione a tempo breve, ma sul lungo periodo Bashar al Assad dovrà  inventarsi qualcos’altro.

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