Siria: appelli per rompere il silenzio sui massacri e gli interessi europei

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Secondo Pax Christi, “non è vero che non possiamo fare nulla”. L’associazione avanza chiare proposte. Innanzitutto “un preciso intervento internazionale sotto la guida dell’Onu che attivi una robusta politica di pace utilizzando i numerosi concreti strumenti del diritto internazionale senza ripetere il disastro dell’intervento militare in Libia”. Riprendendo la notizia diffusa da Unimondo che ha documentato come “i carri armati dell’esercito siriano usano sistemi di puntamento di ditte italiane”, Pax Christi chiede quindi “il blocco dell’export militare italiano verso la Siria”. Infine l’associazione invita la comunità  internazionale ad “azioni per sostenere un cambio del sistema politico che garantisca rispetto dei diritto umani e libertà  religiosa”.

Il regime di Bashar el Assad ha represso con durezza le manifestazioni di piazza pro-democrazia che si sono succedute in diverse città  del paese: Hama, Latakia, Deir ez-Zor e anche alcuni quartieri della capitale Damasco. Il regime giustifica la repressione sostenendo che la rivolta è fomentata da “gruppi terroristici”. La comunità  internazionale pur stigmatizzando le violenze del regime siriano, non ha finora trovato modalità  per intervenire in modo più deciso. Lo stesso Consiglio di sicurezza dell’Onu ha condannato le violenze, e lo stesso Segretario Generale, Ban Ki-moon ha definito le violenze “brutali e sconcertanti”, ma al di là  degli appelli la mobilitazione internazionale è stata cauta.

Timida anche la reazione della Lega Araba. Con una lettera ufficiale, ieri Human Rights Watch ha chiesto alla Lega degli Stati Arabi di convocare una riunione di emergenza sulla repressione Siria. L’associazione ha anche sollecitato la Lega Araba a fare pressioni sul governo di Assad per il libero accesso al paese per favorire un’inchiesta delle Nazioni Unite e agli osservatori indipendenti e giornalisti. Più decisa la pressione su Damasco da parte della Turchia e di alcuni Paesi arabi come l’Arabia Saudita, il Kuwait, il Bahrein e oggi la Tunisia che hanno richiamato i loro ambasciatori a Damasco. Anche l’Italia ha richiamato l’ambasciatore in Siria, ma l’esempio non è stato seguito da altri paesi europei.

Eppure, ci sarebbero varie misure concrete per intervenire. Come evidenzia un appello di Avaaz.org, a cominciare dalle importazioni di petrolio. “Germania, Francia e Italia sono i più importanti paesi importatori del petrolio siriano. Se si muovono per imporre immediate sanzioni europee, i fondi di Assad per perpetrare il massacro si prosciugherebbero”. Tra l’altro l’azione avrebbe “conseguenze minime per i rifornimenti petroliferi europei” ma avrebbe l’effetto di portare l’Unione Europea a “smettere di finanziare la repressione”. Avaaz ha svolto un ruolo chiave nel sostenere le richieste del popolo siriano per libertà , democrazia e diritti umani.

Proprio stamani il presidente siriano, Bashar al-Assad, ha comunicato al Segretario Generale dell’Onu Ban Ki-moon che le operazioni di militari e polizia contro i manifestanti pro-democrazia sarebbero state fermate. Secondo una nota ufficiale emessa dal Palazzo di Vetro e riportata dall’agenzia Misna, in una conversazione telefonica il presidente Assad ha dichiarato che “le operazioni dell’esercito e della polizia erano terminate”. Ban Ki-moon avrebbe reiterato la sua preoccupazione per le notizie di persistenti abusi contro la popolazione civile “insistendo sulla necessità  di porvi immediatamente fine”. Attivisti e testimoni oculari hanno infatti riferito stamani dell’uccisione di almeno due civili a Homs, di nuovi arresti nei sobborghi di Damasco, di spari di arma da fuoco a Latakia e della presenza dei carri armati all’esterno dei centri urbani di Hama, Daraa, Dayr az Zor.

La decisione di Bashar al-Assad arriva a poche ore dalla notizia che l’Alto commissariato dell’Onu per i diritti umani si apprestava a chiedere al Consiglio di sicurezza che la Corte penale internazionale aprisse un’inchiesta sulla repressione in Siria. La richiesta, secondo le informazioni disponibili, sarebbe potuta arrivare oggi stesso. Secondo l’Alto commissario per i diritti umani, Navi Pillay, esistono ormai prove inconfutabili delle gravi violazioni dei diritti umani perpetrate giornalmente in Siria. [G


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