Sfogo del premier: la patrimoniale? Con me mai, piuttosto mi dimetto

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ROMA — La tentazione l’aveva fin dall’inizio, ma solo ieri pomeriggio è diventata decisione irrevocabile: Silvio Berlusconi arriverà  oggi a Roma dalla Sardegna per partecipare all’incontro con le parti sociali. In un momento ancora difficilissimo per l’economia — come dice Paolo Bonaiuti, è vero che ieri «la Borsa ha chiuso con segno positivo e i Btp hanno retto bene, ma adesso bisogna vedere se la situazione si consolida» —, con tutti i leader di partito pronti a presentarsi domani alla riunione delle commissioni Bilancio e Affari costituzionali dove parlerà  Tremonti, e mentre continua il pressing fortissimo della Bce perché l’Italia agisca in fretta, il premier ritiene sia necessario essere presente in prima persona all’incontro.
La speranza è che la reazione delle parti sociali sia di apertura alle proposte del governo. Ma nessuno pensa davvero che il percorso sia agevole: «Chi si assume la responsabilità  di fare una manovra come quella che dovremo fare noi — dice un big del partito — sa benissimo che perderà  le prossime elezioni».
Se davvero il passaggio è così stretto, si capisce come il premier voglia intanto usare ogni cautela e poi dimostrare agli italiani che sulla tolda di comando c’è lui, e non altri. Perché nelle ultime ore è venuta via via crescendo la diffidenza — in realtà  mai sopita — del premier nei confronti di Giulio Tremonti. «Sta tornando ad alzare la cresta, vuole decidere tutto lui, incontra Bossi e Calderoli e non si degna nemmeno di venire a parlare con noi», protestano nel Pdl, il cui vertice è stato oggi convocato dal segretario Alfano proprio per affrontare il nodo crisi con tutti i ministri e con il titolare dell’Economia in primis: «È questo il momento — dice Gaetano Quagliariello — in cui si vede se c’è una classe dirigente: in una situazione del genere non possono esistere contrapposizioni tra partito e governo».
Raccontano di una telefonata «difficile», ieri, proprio tra Alfano e Tremonti: al segretario che gli faceva presente come «il partito deve essere coinvolto in questa partita, non è possibile che la Lega abbia voce e noi no», il secondo avrebbe replicato che troppi nel Pdl stanno parlando a vanvera, ognuno lancia la propria ricetta e il momento è troppo serio per perdere tempo. La conclusione? Oggi, al vertice, non si sa ancora se il ministro si presenterà .
Atteggiamento che innervosisce e non poco Berlusconi (che resterà  a Roma anche domani ma non parteciperà  alle comunicazioni di Tremonti alle commissioni parlamentari) che sulla manovra da lacrime e sangue pretesa dalla Bce ci va con i piedi di piombo: i punti indicati nella lettera che gli è stata inviata venerdì «non sono certo diktat», dice il premier ai suoi, tanto che non verranno neppure illustrati alle parti sociali per far pressione su di loro, e le misure suggerite «sono già  nel nostro programma e incardinate in Parlamento, siamo pronti a portarle avanti». Anche il pareggio di bilancio, dicono i suoi, «non va mica raggiunto nel 2012, ma nel 2013: calma e gesso; non precipitiamo la situazione…». Altro che Consigli dei ministri straordinari, insomma, bisogna andarci piano.
Per questo, suonano quasi come una provocazione le voci che si levano dalla Lega e che non sono state smentite dal Tesoro, circa la possibilità  di inserire nell’anticipo della manovra una patrimoniale, magari per diminuire gli interventi previsti sulle pensioni che Bossi non accetta: «Non sarà  un governo guidato da me a imporre una patrimoniale, piuttosto mi dimetto: verremmo meno al patto con i nostri elettori e smentiremmo tutte le nostre convinzioni», avverte il premier, confermando quello che i suoi più stretti collaboratori dicevano nei giorni scorsi: «Se vogliono la patrimoniale, la farà  un governo tecnico».
Insomma, la partita si fa difficilissima anche nella maggioranza, come arduo resta un riavvicinamento con Casini e il terzo polo: Berlusconi, raccontano, di lui «continua a non fidarsi».


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