Scricchiolano le banche europee torna la sindrome del crac Lehman

Loading

NEW YORK – Ci risiamo: le banche sono nell’occhio del ciclone. Le due maggiori svizzere, Ubs e Crédit Suisse, venerdì hanno smentito di essere le beneficiarie di un misterioso prestito d’emergenza concordato fra la banca centrale elvetica e la Federal Reserve americana. La stessa Fed sta chiedendo in questi giorni garanzie sulle filiali Usa delle principali aziende di credito europee: ha paura che si scopra un «buco» improvviso. Le banche italiane, francesi e spagnole hanno visto schizzare ai massimi i credit default swap sulle loro obbligazioni: in sostanza è il prezzo per assicurarsi contro l’eventualità  di insolvenza di questi istituti; che salga alle stelle questa «polizza anti-crac» è un pessimo segnale. E’ ai massimi anche il ricorso degli istituti di credito italiani allo sportello d’emergenza creato presso la Banca centrale europea. Un autorevole membro del board della Bce, il tedesco Juergen Stark, ha dichiarato: «Prendiamo sul serio questi segnali. Tuttavia la situazione non è paragonabile con la crisi sistemica del credito che si verificò dopo il crac di Lehman». La smentita è significativa: tutti hanno in mente quel precedente, osservando gli scricchiolii sinistri che vengono dal settore bancario in questi giorni. Ironia della sorte o giustizia suprema?
Fu un bubbone bancario all’origine di tutto: il credito facile dei mutui subprime, dissimulato dentro i «titoli strutturati», i crac di Lehman, i salvataggi in extremis di altri giganti della finanza (2008). Poi la crisi contagiò l’economia reale e fu recessione (2009). Il capitolo successivo fu l’allarme per i default sovrani legato al dissesto delle finanze pubbliche (2010-2011). E ora, come in un grottesco ed estenuante gioco dell’oca, si torna alla casella di partenza: siamo costretti a temere di nuovo un disastro bancario.
Può sorprendere che nell’allarme sia inclusa la prospera Svizzera: un’oasi di sicurezza, si direbbe, visto che continuano ad affluire capitali verso il suo franco che è stato una delle monete-rifugio. Ma un conto è il franco svizzero, altro è il destino delle banche elvetiche: globali come le altre, non sono al riparo dalle perdite nei loro investimenti in euro e in dollari. Di nuovo balza in primo piano l’interconnessione di tutti i mercati. La banca centrale elvetica, pur essendo inondata dai capitali esteri, ha dovuto rivolgersi alla Fed per un «anticipo» di liquidità  a breve termine, pari a 200 milioni di dollari, da versare a un (anonimo) istituto in difficoltà . E’ scattata la corsa a «chiamarsi fuori» da parte delle maggiori banche svizzere, ma a furia di smentite il cerchio si stringe attorno all’ “appestato”. Anonimo – per ora – resta anche l’istituto di credito dell’eurozona che ha dovuto chiedere un prestito d’urgenza da 500 milioni di dollari alla Bce.
Sono questi i segnali che fanno scattare l’allerta al quartier generale della Federal Reserve: qui sanno bene che «il mercato interbancario (dove le aziende di credito si prestano fondi tra loro, ndr) resta opaco, e le stesse autorità  di vigilanza hanno informazioni spesso incomplete o tardive». Le filiali Usa delle banche europee diventano delle vigilate speciali: i loro bilanci sono appesantiti dai titoli pubblici; la loro dipendenza dal mercato interbancario è estrema; quindi sono terribilmente esposte a un repentino eccesso di sfiducia. E’ proprio quel che accadde nel 2008, quando di colpo le banche smisero di farsi credito tra loro, perché nessuna era certa della solidità  della «controparte», nessuna si fidava della dirimpettaia, né voleva scommettere al buio sul recupero dei propri prestiti.
Il banchiere centrale degli Stati Uniti, Ben Bernanke, questa settimana riunisce in «conclave» il Gotha dell’alta finanza a Jackson Hole nel Wyoming. Quello che in altri anni è un appuntamento di routine, un rito liturgico dei banchieri, quest’anno sarà  un appuntamento ad alta tensione. Si concluderà  venerdì con un discorso di Bernanke, che dovrà  dare lumi sulle strategie della Fed per uscire da questa emergenza. La questione delle banche riceverà  un’attenzione acuta. Proprio l’opacità  di questo settore è la prova di una missione incompiuta: Bernanke, insieme con Jean-Claude Trichet e Mario Draghi, nel dopo-Lehman ha promosso gli sforzi per una riforma sistemica che prevenga nuovi crac bancari. Eppure siamo daccapo. La mancanza di visibilità  sui bilanci bancari è tale che un importante trader newyorchese dichiara al Wall Street Journal: «Siamo costretti a seguire le voci, i rumours, alle prime voci vendiamo, ci sbarazziamo dei titoli a rischio, poi verificheremo se le voci erano fondate». Le banche «mediterranee» dell’eurozona sono le più fragili, un rapporto della Morgan Stanley solleva il dubbio che «a settembre il mercato interbancario potrebbe non approvvigionare a sufficienza gli istituti di credito dell’Europa meridionale».
Questo porta la stessa Morgan Stanley a rilanciare una proposta: che dentro il fondo speciale salva-euro (European Financial Stability Facility o Efsf) venga creata una «prolunga» speciale per interventi in soccorso alle banche. Ma perché le banche Usa stavolta sembrano un po’ meno vulnerabili delle loro consorelle europee? La risposta la dà  la stessa Morgan Stanley: «La grossa differenza tra le due sponde dell’Atlantico, è che le banche americane sono state ricapitalizzate in modo aggressivo attraverso il Tarp». Il Tarp, ricordate chi era costui? Era il fondo da 700 miliardi varato grazie alla maggioranza democratica al Congresso, e stramaledetto dalla destra del Tea Party. Nella gara delle deficienze e vulnerabilità , se Wall Street stavolta appare un po’ meno esposta dell’Europa, è solo per merito dell’intervento statale.


Related Articles

Il peso delle regole e lo spread legale

Loading

In Germania il capo dello Stato si dimette appena i magistrati chiedono al Parlamento di revocargli l’immunità , in Italia il Parlamento vota che Ruby è la nipote di Mubarak.

VOLCKER, LE BANCHE E IL BUONSENSO PERDUTO

Loading

La scorsa settimana Paul Volcker, in una conferenza al Parlamento europeo, ha sostenuto la necessità  di tornare a una netta separazione fra le attività  speculative delle banche e la loro funzione tradizionale di deposito dei risparmi e di erogazione di credito all’economia reale.

No comments

Write a comment
No Comments Yet! You can be first to comment this post!

Write a Comment