Scintille pubbliche tra il premier e il superministro
Mai si era visto Silvio Berlusconi correggere pubblicamente e perentoriamente il «genio» (parole sue) Giulio Tremonti, e mai il ministro dell’Economia correggere altrettanto pubblicamente il presidente del Consiglio. Un battibecco si potrebbe definire «misurato» . Ma che pure nei toni niente affatto accesi la dice lunga. Molto più lunga del merito della questione. Il ministro stava spiegando che per affrontare la crisi l’Italia ha deciso un metodo nuovo, prevedendo la consultazione con Commissione europea, Ocse e Fondo monetario internazionale, quando Berlusconi lo ha interrotto, aggiungendo alla sua lista la «Banca centrale europea» . E subito Tremonti ha replicato: «Credo che sia molto importante, ma non coinvolgibile in questo tipo…» .
Il Cavaliere non gli ha fatto finire la frase: «Informabile, però, sì» . Pronunciando queste tre parole con il tono di chi non ammette ulteriori repliche, com’è chiaro dal filmato pubblicato su corriere. it. Qualche dietrologo si potrebbero sbizzarrire, ricordando come dal prossimo autunno la Bce sarà in mano a Mario Draghi, il governatore di Bankitalia con il quale Tremonti non è sempre andato d’amore e d’accordo. Ma qui la dietrologia, e naturalmente Draghi, c’entrano davvero poco.
Nella sostanza, la Banca centrale europea è sacralmente indipendente, e non può essere quindi messa sullo stesso piano degli organismi che Berlusconi ha citato. Non bastasse, è proprio quella istituzione che i governi di molti Paesi investiti dalla bufera dei mercati considerano responsabile di una gestione della crisi a senso unico: per capirci, tutta in funzione filotedesca. La partita che si gioca oggi in Europa ruota tutta intorno a questo non trascurabile dettaglio, con in ballo la sopravvivenza stessa della moneta unica. Impossibile, per chi sta al governo, ignorarlo. Anche in considerazione di ciò in un altro momento una scena del genere a palazzo Chigi non sarebbe mai andata in onda. Ma non siamo in un altro momento. Ci si può girare intorno quanto si vuole, ma che i rapporti fra Berlusconi e Tremonti siano al minimo storico, per non dire al punto di rottura, è ormai assodato. Diversità di vedute sul rigore, sulla manovra, sulle tasse, che il Cavaliere avrebbe voluto abbassare, e subito, per parare il calo di consensi. Ma differenze anche di stile, che alla lunga sono venute fuori.
A questo si aggiunge che il caso di Marco Milanese, l’ex consigliere del ministro su cui pende una richiesta d’arresto non ha certamente rafforzato il titolare dell’Economia. Gli errori di Tremonti in questa vicenda, che egli stesso ha ammesso, sono stati molti e non certamente trascurabili. E ora rappresentano un’arma in più per chi punta a metterlo in difficoltà . Per immaginare oggi quale sbocco potrà avere una crisi sempre più profonda bisognerebbe avere la palla di vetro. Certo è che più di Berlusconi, per il quale le vicende che lo hanno investito intaccandone anche l’immagine all’estero sembrano oggi miracolosamente svanite, è Tremonti a essere in trincea. Non conta che sia l’unico uomo del nostro governo in grado di tenere in mano le redini di rapporti internazionali complicatissimi, come ha dimostrato il blitz di mercoledì a Bruxelles per incassare la solidarietà del presidente dell’Eurogruppo Jean-Claude Juncker giusto prima del discorso di Berlusconi alle Camere. Non conta nemmeno che sia stato il fulcro di un’alleanza, per molti versi improbabile, fra Pdl e Lega. È bastato che il leader della Lega Umberto Bossi proponesse di sostituire i ticket con una tassa sul fumo, lasciando intendere che la manovra approvata si potrebbe anche cambiare. Ed è stato sufficiente vederlo indebolito perché scattasse un incredibile assalto alla diligenza a scoppio ritardato.
Quell’assalto che il fulmineo voto di fiducia in Parlamento aveva sul momento impedito. Il ministero dell’Economia ha dovuto affrontare in queste ore le richieste più assurde. Respingendole regolarmente al mittente. Per non parlare delle pressioni, condivise a quanto pare anche dal partito un tempo più solidale con Tremonti, la Lega Nord, per lo spacchettamento del suo ministero. Nella speranza di una resurrezione del ministero del Bilancio, sepolto vent’anni fa.
Pressioni nelle quali è nascosta forse la risposta a una domanda che ancora qualche settimana fa nessuno avrebbe mai osato di porsi davvero: Berlusconi considera ancora Tremonti irrinunciabile per il suo governo, della cui durata fino al 2013 si dice arcisicuro? Oppure, al contrario, il superministro è diventato un problema anche per il Cavaliere, oltre che (da tempo) per gran parte della maggioranza? Forse non è solo una battuta quella che circola sempre più insistentemente, e cioè che nel caso di una uscita di scena di Tremonti, Berlusconi farebbe anche il ministro dell’Economia ad interim. Poi ci penserà lui, a parlare con la Bce.
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